Baby Blue We don't know 2010 -

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Sarebbe stato uno sbaglio concludere questo duemiladieci senza spendere qualche riga sull'ultimo "We don't know" dei Baby Blue. Album secondo, che segue al buon "Come!" (2009), e che trova i quattro pratesi alle prese, finalmente, con una maturità ed una convinzione stilistica nuova. Di passi avanti in questi anni ne son stati fatti e oggi il gruppo compie finalmente lo step: passaggio a Trovarobato, nuove collaborazioni (l'album è coprodotto da Alessio Pepi dei Dilatazione) e nuovo mood, cresciuto e maturo, capace di far forza sulle caratteristiche giocose che avevano contraddistinto l'esordio, calcandole, tuttavia, in una dimensione assai più sentita e ricercata.

Dieci canzoni decisamente varie tra loro, ognuna caratterizzata da continui sbalzi umorali. I riferimenti si consumano nelle citazioni illustri: la sensualità accattivante di Pj Harvey in "Oh Marie" e il romanticismo ruggente di Janis Joplin o Scout Niblett in "Shut Up"; le esplosioni distorte di Kills e Yeah Yeah Yeahs in "Eartquake" ed i monologhi sovrapposti stile White Stripes in "Down". Ogni canzone sarebbe da focalizzare con attenzione, tanto è forte e meritevole la cura dei dettagli (sintomo di un lavoro intelligente in produzione). Serena e Mirko sono giovani e belli. Non eccedono in nulla, sia chiaro, ma hanno (e la hanno sempre avuta) una freschezza genuina ed un saper-godere-della-musica invidiabile. "We don't know" non è un capolavoro: la sua ostinata convinzione nel variare in modo fantasioso alti e bassi, la sua disposizione a rallentare e ad accelerare a tratti estrania e manda alla deriva la necessità di un riferimento fisso per l'ascoltatore. Eppure non si possono negare episodi perfetti, soprattutto ad inizio album, che rendono il disco quasi un prodotto artistico d'altri tempi: passatista nella sua dimensione sonora (tra rimandi blues, wave e post-punk), ma soprattutto per la cura e la testarda ricercatezza espressiva: continui cambiamenti di registri e ribaltamenti emotivi creano un quadro giovane ed inquieto, strafottente ed ostinato nononstante il rischio di mostrarsi poco esplicito e oscuro.

Un album nel complesso difficile da digerire a primo ascolto, che compie delle scelte (come un ragazzo che cresce, tira le somme e segna sulla sua mappa un percorso nuovo). Un album che richiede pazienza. Abbiatela. Può piacere o meno. Si va controcorrente. Ed è bene così.

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La recensione We don't know di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-12-06 00:00:00

COMMENTI (7)

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  • briscola 14 anni fa Rispondi

    no damarama dai hai scritto un messaggio senza nemmeno un insulto ! cosa ti succede? non ti senti bene?

  • damarama 14 anni fa Rispondi

    dalla produzione sembrano 10 outtake + che un album!
    ...skippo anch'io per ora...

  • gliosservatoriesterni 14 anni fa Rispondi

    Ambiguo, indecifrabile, un grandissimo disco!

  • brevevita 14 anni fa Rispondi

    "We don't know" è un disco bellissimo, pieno di intuizioni controcorrente.
    sono ragazzi pieni di fantasia e tecnicamente preparati.
    Dal vivo sono divertenti e orecchiabili - oltre che belli da vedere.
    i Baby Blue sono un gruppo europeo.
    una realtà esportabile all'estero.

  • faustiko 14 anni fa Rispondi

    Forse mi aspettavo tutt'altro... ma non mi piace per niente la produzione!!!

  • trovarobato 14 anni fa Rispondi

    dev'essere un problema del lettore, fausto: prova a cambiare le pile. :[

  • faustiko 14 anni fa Rispondi

    Ma che gli é successo?!? Le sto skippando tutte!