Ulan Bator Tohu-Bohu 2010 -

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Nel periodo della vecchia monarchia francese, per annunciare la morte di un sovrano e l'avvento al trono di un successore che rispettasse la continuità dinastica, era in uso il motto "Il re è morto, viva il re"; un motto decisamente ridondante che, debitamente mutuato, risulta estremamente adatto anche ad introdurre il nuovo disco degli Ulan Bator.

"Gli Ulan Bator sono morti, viva gli Ulan Bator", dunque. Il gruppo francese nel 2005, con la pubblicazione di "Rodeo Massacre", chiudeva una fase espressiva lunga, intensa ed appassionante. L'anno scorso uscì un piccolo Ep, "Sol Eils", ma non era sufficiente per assicurarci che il silenzio fosse rotto del tutto. Ora, finalmente, un nuovo album. La band, irrompe sulle scene discografiche con spirito rinnovato ma anche mantenendo forti legami con il passato. Propone una line-up inedita ma sempre capitanata da Amaury Cambuzat (fondatore della band ed unico superstite della formazione originale). Rotte compositive inesplorate espresse nel pacato intimismo di brani come "Donne" e "Ding dingue dong", ma anche "Newgame" e la tittle track (autentica gemma del disco) episodi che rinverdiscono i forsennati fasti post-rock dei primordi.

Il tutto contribuisce ad allestire un lavoro ricercato, complesso, intenso, ostico… un disco che, benché per certi versi possa essere considerato di transizione, risulta decisamente appassionante e soprattutto dimostra quanto sia siginificativa e rassicurante la presenza degli Ulan Bator all'interno della scena alt-rock europea.  

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La recensione Tohu-Bohu di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-11-19 00:00:00

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