Sul fatto che quello dei Doormen sia un buon esordio c'è poco da ridire. L'album, prodotto e mixato da Paolo Mauri (già Afterhours e LLDCE), è una prova tecnicamente completa: bel tiro, ottime intuizioni melodiche e cura degli arrangiamenti. La sensazione che tuttavia continua a rimanermi è la scarsa incisività emozionale delle canzoni: ho un dubbio tremendo su quanto di quest'album mi resterà una volta messo l'ultimo punto a questa recensione.
I dodici pezzi, come detto, tecnicamente si fanno apprezzare senza sforzi: atmosfere rock-wave coprono gran parte del disco, realizzando un percorso di ricerca semplice ma efficace, un mood tendenzialmente cupo e accattivante capace di confezionare melodie gradevoli ed eleganti anche nei passaggi più pop ("You can't stop me"). Buoni gli strumentali di "Now I'm Here", le declinazioni post-rock di "New Season", le tentazioni glam in "I'm Fool", tra White Lies, Editors e Interpol.
Eppure, nonostante le belle doti compositive, personalmente fatico ad entrare appieno nel lavoro: non è una questione tecnica o qualitativa, ma è l'assenza di quella carica viscerale spiccatamente wave. Nella voce come nei testi c'è spesso una certa sufficienza, una tensione emotiva bloccata. Malgrado ottimi momenti ("Modern Depression"), manca un motivo vero per affezionarsi a queste canzoni. Manca, tirando le somme, un motivo vero per non dimenticare questo disco.
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La recensione The Doormen di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-03-16 00:00:00
COMMENTI (1)
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