Dog Star Man Untitled 2010 - Rock, Elettronica

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Un viaggio tutto personale descritto con suoni ermetici e pulsioni traballanti

Ascoltare la musica di “Dog Star Man” è come trovare un diario abbandonato per terra e, dopo averlo aperto, continuare a considerarlo interessante e curioso anche se la lingua in cui è scritto è per voi impossibile da decifrare. Come se la scrittura apparisse nella forma di un disegno, un tratto sinuoso che, senza sapere esattamente perché, vi ha convinti ad andare avanti e voltare pagina, senza sapere a cosa state andando incontro. Qui dentro non ci sono parole e, se anche qualcuno parla, è più una voce che sussurra qualcosa di tanto incomprensibile quanto perfetto, per come si adatta all’atmosfera che la “musica” sta costruendo in quel preciso istante. 

Il ticchettio di un orologio che si fonde a una melodia lontana, tanto che non si capisce quale dei due suoni sia in primo piano. Esattamente come quando i rumori diventano attutiti e filtrati, perché si sta per uscire dal primo sogno per entrare in quello successivo, che talvolta combacia con la realtà stessa delle cose. L’atmosfera onirica avvolge completamente “il primo progetto musicale completo e definito” di Dog Star Man aka Mr. Carota aka qualunque altra cosa, ma che importa? Quando il sogno si mischia piacevolmente con la psichedelia sghemba e ubriaca di “ostinato”, le informazioni su questo misterioso compositore, proveniente dalla pianura paranoica che unisce Bologna e Ferrara, diventano superflue.

L’ascolto è straniante, talvolta fastidioso, a tratti accondiscendente con gli spettatori, che vengono cullati da melodie tanto dolci e soffici quanto profondamente inquiete. A tratti nell’aria soffia l’eco di “Moon Safari” ma è solo una sensazione personale e comunque è come se al folgorante debutto degli Air avessero tolto la sezione ritmica e il vinile girasse nel piatto al contrario. A tratti quello che esce dalle casse potrebbe essere la registrazione in presa diretta di un frammento di un film di David Lynch, ma anche il suono dell’atmosfera nelle pellicole anni ’70 di Dario Argento.

Non esiste un vero e proprio centro, tutto ruota attorno a se stesso e ci sono molti momenti in cui non si capisce se il viaggio sia già finito oppure quale sia esattamente la direzione, cosa decisamente ininfluente se siete arrivati a leggere fino a qui e se vi state appassionando a questo genere di suono.

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La recensione Untitled di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-03-15 00:00:00

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