Sei tracce che oscillano tra New Wave e liriche alla Vasco Rossi. Un rammarico a metà.
Copertina nera, un'estetica che rimanda ai Joy Division, un nome che rimanda all'oppressione, all'ansietà del presente. L'omonimo ep degli Spiraglio, sei tracce all'esordio, è un ottimo esempio di quello che può essere definito “fossile musicale”.
Il perché appare subito chiaro al primo ascolto: c'è una riproposizione tangibile di quanto si è visto musicalmente negli anni ottanta e novanta in questo paese, l'algida espressività dei Diaframma nella traccia iniziale, la sinuosità di Mauro Ermanno Giovanardi (“Spiragio”), persino un inaspettato quanto sorprendente incontro tra Massimo Volume, One Dimensional Man e la modernità degli Interpol in “Transastrale”.
In sintesi, musicalmente una miscellanea di soluzioni ed idee, spesso notevoli quanto intense e sorprendenti. Una bomba a tratti.
Ed è alla luce della meraviglia, spesso presente negli spigoli sonori di questo sei tracce, che appare doloroso constatare quello che appare come il peggior limite: le liriche.
Dall'abbozzata critica sociale di “La Maschera”, allo struggimento sentimentale di “Ritornerai”, passando per la disillusione e la malinconia delle tracce finali, il tutto declinato in forme quantomeno discutibili, se non inadeguate.
È davvero un peccato sentire dopo una bellissima cavalcata sonora un verso del genere:“Ritornerai da me/ e non sarà soltanto un sogno / e non sarà nemmeno quello / che immaginavo da te”, un passaggio che rimanda ad un cantante nazionale della “bella canzone”, piuttosto che ad un autore new wave, a un disco che presenta sonorità ben connotate.
Da tutto ciò emerge una sensazione di confusione e di difficoltà nel giudicare un disco così contrastante e stridente nelle sue componenti, oltre che nel rapporto tra atmosfere e messaggi. In poche parole, un'occasione sprecata.
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La recensione Spiraglio di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-07-04 00:00:00
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