The Mainstream Have no fear 2011 - Folk, Pop rock

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Qualche pezzo di valore assoluto, ma tanta confusione a livello di produzione

Mai copertina fu meno azzeccata nella storia della musica. Nulla da rimproverare all'azzurro e al pianeta terra, è tutto bellissimo e poi avrà una sua ragione; ma io ci avrei immaginato tanta, tanta erba e un cielo arancione con disegnini del sole al tramonto. Questo è l'effetto che fa "Have no fear". Vi fa viaggiare - come solo il folk sa fare - in distese verdeggianti dall'aria fresca. I brani continuano ad avanzare e così fa anche il sole - tra una schiera di rami - mentre vi accarezza il viso.

I Mainstream hanno un respiro internazionale e distensivo e questo lo si nota sin dai primi secondi: ricordano molto i Mumford & Sons ma in un'indole più delicata e toccante, meno travolgente e più "soft". L'unica pecca - e fondamentale - di questo disco è che corre in troppe direzioni, esplode un po' ovunque e alla fine tocca fare una selezione dei detriti. Alcuni sono bellissimi, altri meno fortunati ed altri ancora taglienti, fastidiosi. I momenti migliori? Beh, primo su tutti "Close my eyes": un punto di fuga perfetto per le guerre di pace tra una voce calda ed avvolgente, i violini che la intersecano e le note di pianoforte che la racchiudono; è la quarta traccia, ma a stento riuscirete a proseguire. "Taylor Rain" continua sulla stessa strada, ma ricorda per la sua delicatezza Bob Corn (e la sua barba accogliente).

Poi ci sono i frammenti meno fortunati, quelli che stanno a metà tra il bello e brutto, che non riescono a farsi identificare facilmente. "Africa", che sa un po' di riempitivo, per esempio, oppure "Cosmic Scenery" e la sua unione di atmosfere country con un impensabile hip-hop. Infine c'è il lato fastidioso: quello è più difficile trovarlo, ma esiste. "The Melody" sembra uscire fuori dall'album. È come se la radio della vicina, buttata sul pop-spazzatura dei nostri tempi, si sovrapponesse al nostro ascolto. Il rap è invadente, fuori luogo. Va bene la varietà, va bene evadere dagli schemi, ma così è un po' troppo.

"Have no fear" non si può considerare un brutto disco, ci sono troppe belle canzoni che non possono essere ignorate. La speranza è che i Manistream riescano in futuro a trovare una ricetta migliore per il composto che viene servito all'ascoltatore e al contempo possano rafforzare la propria natura, senza andare a toccare rive troppo lontane e improbabili. Gli abbracci sono belli. Sono sicuro che anche i Mainstream li adorino. Se piacciono anche a voi ascoltate questo disco; loro - quando vogliono - riescono a regalarvene proprio tanti.

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La recensione Have no fear di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-02-07 00:00:00

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