Una band preparata e credibile su cui aleggia pesantemente lo spettro degli Alice in Chains; hanno tutte le carte in regola per affrancarsi dal modello, però.
Sin dalle prime note di questo ep dei Sùr, è praticamente impossibile impedire alla mente di formulare subito tre parole: Alice in Chains. Per le atmosfere stranianti e ombrose, per il sound vigoroso delle chitarre, più di tutto per la voce del cantante Dimitrij Bonzo, evidentemente modellata su quella di Layne Stanley, oltre che arrangiata in modo simile nei cori. Il primo pezzo, “Tales from the end of time”, è sicuramente il più rappresentativo in questo senso, anche se presenta verso la fine una interessante variazione in tempo dispari, introdotta dalle percussioni, che ricorda piuttosto i Tool. Suggestivo l’arpeggio che apre “Watersong”, più lenta e cadenzata, inevitabilmente vedderiana: menzione, ancora, al bridge, con un pregevole solo e un rientro nel tema particolarmente riuscito. Molto bella anche la lunga coda, quasi una jam oscura, di “Obsolescence”.
Più ci si addentra nei brani, più sono soprattutto le parti strumentali a colpire: non che la voce sia malvagia, anzi. Tecnicamente è quasi perfetta, anche come interpretazione, cosa rara. È solo che, all’interno di un sound dai riferimenti palesi, un timbro così smaccatamente stanleyano rischia davvero di spostare la lancetta dell’intero progetto su “derivativo”. Ed è un peccato, perchè i Sur non sono solo preparatissimi tecnicamente, ma anche credibili, inappuntabili, come pochi interpreti del grunge e post-grunge nostrano.
Tirando le somme, dunque, le quattro tracce di “Brainshift” sono riuscite, di sicuro una prova sopra la media: ma se la band astigiana avrà l’umiltà di considerarle come un punto di partenza, e non di arrivo (nonostante le ottime critiche ricevute sul web), potrebbe davvero togliersi di dosso qualsiasi etichetta nel giro di un disco o due.
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La recensione Brainshift di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-06-19 00:00:00
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