Hate Boss Time of the signs 2012 - Elettronica, Alternativo, Dance

Time of the signs precedente precedente

L'ispirazione è nata dal terremoto in Giappone, “segno” che la terra ci sta dicendo qualcosa. Gli Hate Boss provano a decifrare i segnali a suon di tellurico elettrorock.

Immagina Palm Beach. O anche un'altra qualsiasi spiaggia, basta che sia di notte. Di notte, e affollata di gente presa bene, con la voglia di ballare e sudare ma tenendo il cervello acceso. Perché l'elettronica dal cuore rock degli Hate Boss ha una personalità quasi intellettuale, e non ha paura di interrogarsi sui mali del mondo mentre infiamma il dancefloor: i “Signs” sono i segnali, gli avvertimenti che il mondo ci sta inviando, in molti modi e nessuno rassicurante.

E poi ragiona sull'invasione della tecnologia, ironizza sull'ossessione per il fashion (“Black is the new black”), sfiora concetti matematico-filosofici (le forme geometriche di “Shapes”). Intanto le casse pompano le percussioni tribali di “Age of Flames”, le chitarre che reclamano spazio e mettono del funk in “Shapes”, il ritornello ignorante e irresistibile di “Decode”, l'indietronica ipnotizzante della title track, la nostalgia degli anni 90 inglesi che si respira nei ritmi ossessivi di “Palm Beach” e “Monkey”, mentre le tastiere di “Kim Peek” vanno indietro ancora di un decennio, e “Sailing” chiude con un post-rock martellante e lugubre. La festa è finita. Ma andando via dalla spiaggia che si svuota immagina che ci sia in Italia un altro gruppo che ci fa ballare senza vergognarci. C'è, eccolo.

---
La recensione Time of the signs di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-07-30 00:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia