Monaci Del Surf Monaci del Surf 2012 - Rock'n'roll, Surf

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Tra Quentin e i Tenacious D, conciati però alla Nacho Libre. E le somiglianze non finisco qui...

Ci sono band che seguono un genere e ce ne sono altre che sono “di” genere. Come i film. Uguale. I Monaci del Surf sono una band di genere. Sono in tre, identità sconosciuta, e girano con le maschere da lottatori messicani.

Quella che trovate di seguito è la “leggenda” legata alla loro nascita. La metto tutta perché è interessante, perché non saranno questi trenta secondi in più di lettura a farvi cadere i capelli e soprattutto perché non credo ci sia modo migliore per farsi un’idea del trio: “Stanchi della pace interiore, tre monaci tibetani partono alla scoperta del mondo fino ad arrivare a Città del Messico. Insegnano le loro arti marziali ad una piccola congrega di cristeros, come atto di riconoscenza ricevono in dono tre maschere da wrestler che scelgono di indossare per proteggere la loro identità. Stanchi anche della violenza, decidono di abbandonare il Messico scegliendo la via dell’Oceano. Una sera, tornati dalla spiaggia californiana, incontrano la leggenda del surf rock Dick Dale che, preso bene dal loro sound, gli dona il proprio plettro. Da allora imbracciano una terza via, dedicata interamente alla musica, contaminati dalle note positive del surf rock, come unico stile di vita. Diventano così i Monaci del Surf, trovando la loro identità oltre ogni dualismo…”. Un vero e proprio “plettro de destino” dunque…

Il loro disco d’esordio, l’omonimo “Monaci del surf” conta dodici pezzi (undici più un’intro); tutti episodi pescati da film e album altrui, e riarrangiati alla maniera dei Monaci, quindi surf rock in purezza, con l’intervento di qualche ospite gradito: Nikki, Paolo Parpaglione (Bluebeaters), Davide Cuccu (Soulful Orchestra) e Steve Colosimo (Africa Unite). Cosa abbiamo in scaletta? “Apache” degli Shadows (1960), il tema del film “Lo chiamavano Trinità”, “Down in Mexico” (brano del 1956 dei Coaster riesumato da Quentin Tarantino per la lap dance da infarto di Vanessa Ferlito a Kurt Russel in “Death proof”), il tema di “The Addams family”, “Imperial march” direttamente “Star wars”, “Perhaps” (qui siamo nel 1947 per uno dei pezzi più coverizzati in assoluto nella storia: “Quizás, quizás, quizás" di Osvaldo Farrés), il ragtime classico “The entertainer” firmato Scott Joplin, “Soul bossa nova” di Quincy Jones che qui diventa ovviamente “Surf bossa nova”, “Sunny secret agent man”, l’indimenticato tema Jamesbondiano di Steve Barri e P. F. Sloan portato al successo da Johnny Rivers nel ’66, “Get the party started” di Pink e, dulcis in fundo, “I want you” dei Beatles.

Materiale estremamente vario, arrangiato con tanta abilità (e tantissimo gusto, non dimentichiamolo) e riunito sotto l’unico, splendente emblema del surf rock. “I Monaci del surf” è un disco di genere e come tale, votato all’intrattenimento più spensierato. Un’indole questa che emerge chiara e pulita in tutti i pezzi senza distinzione. Un disco a zero pretese, nato con l’unico scopo di roccheggiare sotto il sole in totale libertà. Missione che possiamo tranquillamente definire compiuta: l’album vola via che è un piacere.

Cover finché vuoi, ma una volta capito l’andazzo non ci fai neanche più caso. Il prossimo passo? Quasi scontato: pezzi originali. Che non vuol dire tradire la “formula magica”, sia ben chiaro. La fortuna dell’essere una band di genere è che nessuno verrà mai a romperti perché da te si aspettava qualcosa di diverso. I Monaci devono rimanere Monaci. La curiosità però di vederli alle prese con materiale originale a questo punto è davvero tanta. Visto di cosa sono capaci…

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La recensione Monaci del Surf di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-10-22 00:00:00

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