Riccardo Maffoni Riki 2.5 2002 - Cantautoriale, Folk

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Mi aspettavo di più da questo disco, molto di più. Per un motivo semplicissimo: Riccardo “Riki” Maffoni ha alle spalle un curriculum più che brillante, costellato da premi e riconoscimenti importanti, come il “Premio Ciampi 2000” (si tratta dell’omaggio a Stefano Ronzani), nonché la finale raggiunta al “Premio Recanati” l’anno successivo. Lecito aspettarsi, quindi, se non un capolavoro, almeno un cd degno di cotanta attenzione. Nemmeno per sogno.

Ad ascoltare e riascoltare “Riki 2.5”, viene solo da chiedersi perché certe giurie siano prodighe di tanta magnanimità. E poco altro. Sin dai primi ascolti del cd-r in questione, si può comprendere con quale musicista sopravvalutato, ed evidentemente poco ispirato, si ha a che fare. Devoto ad un folk di chiara matrice derivativa, il folk-singer di Orzinuovi si ispira a padri putativi come Bob Dylan (quello acustico) e il Bruce Springsteen di “Nebraska”. Chitarra, voce scartavetrata, pochi accordi e nient’altro, un tutt’uno non sgradevole, anche se abbastanza monocorde. E non è detto che questi siano difetti, poiché le considerazioni in merito sono piuttosto soggettive. Se poi si considera che ci muoviamo nell’ambito di un certo cantautorato folk e che, per di più, siamo alle prese con un one-man-band, ci può stare di tutto. Che poi non si navighi nell’allegria, questo è un altro discorso, ma si può sorvolare.

Dal punto di vista delle liriche, il buon Maffoni si sforza di essere originale, proponendo storie non convenzionali, di periferia. E qui cominciano i dolori; a parte pochi episodi più o meno riusciti (“Una grande rosa rossa”, ad esempio), il disco crolla sotto una noiosa cappa di banalità impressionante. Colpa di una metrica povera, capace di dare vita a rime indegne, di una povertà imbarazzante, con parole che paiono buttate lì per caso. Verrebbe da ridere, se non ci si rendesse conto di trovarsi in un contesto desolante, nel quale una chitarra e una voce masticano senza pietà alcuna una serie di frasi contorte e poco, anzi, per nulla, poetiche o evocative. E, purtroppo, non è finita qui. Persino il comunicato stampa è fonte di sconforto: definire gruppo importante la P.F.M. va bene, ma scrivere che Willie Nile e Graham Parker sono degli artisti ‘minori’, è sintomo di uno squallido pressappochismo.

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La recensione Riki 2.5 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-06-01 00:00:00

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