Sailor Free Spiritual Revolution 2012 - Rock, Progressive, Alternativo

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Si spazia dai Pink Floyd agli Spandau Ballet, in un disco rischioso ma efficace

Devo ammettere che sono partito prevenuto, visto che oggi i concept album mi annoiano e basta, ma mi sono dovuto ricredere. Certo, l'impostazione è quella di un kolossal letterario impegnativo e rivolto ad un pubblico di nicchia; poi spunta l'hard rock, il progressive, la psichedelia, la musica etnica, per finire sconfinando nel pop.

Insomma, un labirinto: appena ti sembra di aver capito il pezzo la band ti spiazza cambiando radicalmente traiettoria ma, cosa non da poco, riuscendo a mantenere quota e coordinate sonore ben precise. E se tenete presente che si spazia dai Pink Floyd alle melodie eleganti degli Spandau Ballet, passando per i The Cult (più di un semplice riferimento in “Spiritual Revolution”).

Un formazione atipica, tanto rischiosa quanto efficace. Una di quelle scommesse che può si può vincere solo se si ha talento, personalità ed attributi.

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La recensione Spiritual Revolution di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-10-04 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • RockView 12 anni fa Rispondi

    Che disco, finalmente un lavoro d'impegno, brani fuori dall'ormai stereotipato modello o mordi e fuggi, tre minuti scarsi, stitici nel donare qualcosa di emozionale.

    Qui come lo definiscono anche loro, ci troviamo davanti ad un vero e proprio concept album. Non è un disco che si canticchia. lo si deve ascoltare e riascoltare, appunto è come un buon vino da meditazione.

    E' uno dei quei dischi che una volta compreso, rendono difficile l'ascolto di qualsiasi altro lavoro "easy rock". L'orecchio si abitua al colto, all'alta qualità, alla seria ricercatezza ma sopratutto alla passione che questi "giovani veterani" hanno saputo mettere nel loro lavoro. Una bella lezione anche a tante nuove band, aiutate dalla freschezza dell'età ma schiacciate dall'annichilimento musicale, ormai prese solo dall'emulare gruppi famosi e senza un messaggio nuovo da inviare.

    Qui ci troviamo di fronte a dei professionisti, che proprio grazie alla loro saggezza degli anni, hanno abbandonato un modello da seguire, certo si possono trovare (volendo fare i pignoli) vaghe evocazioni a qualche suono familiare di band storiche ma chi di noi non ha inconsciamente questa propensione, tutti in gioventù abbiamo amato un genere o una band e da essa siamo rimasti ispirati.

    Loro però adesso sono liberi di spaziare dove vogliono, un brano può sembrare hard rock, immediatamente il successivo porta verso l'etnico o il folk celtico per poi approdare al melodico e tuffarsi in una lunga ballad rock o nel caro vecchio rock da concept per l'appunto, quello che riesce a tirare un brano per otto minuti senza annoiarti o portati a saltare la traccia, insomma spiazzano ma con una classe autentica.

    Ed è proprio questa libertà nel riuscire a far convivere i vari generi in modo sempre intrigante ed accattivante, senza mai dare l'impressione di sforzarsi, che dimostra la grandezza di tutta la band.

    Solo chi è veramente padrone dei propri mezzi, può permettersi il lusso di fare un disco "contaminato" senza dare l'impressione di una improvvisazione a casaccio, un così detto frullato misto che alla fine risulta acido o indigesto; qui ogni variazione di stile sorprende per la meticolosità , la professionalità , la cognizione di causa e sopratutto l'amore con il quale è stato affrontato, nulla è lasciato al caso.

    Risulta evidente che conoscono bene tutte queste sfaccettature musicali, per questo penso non siano etichettabili in un genere singolo, sarebbe restrittivo, sicuramente il prog-rock, art-rock possono essere elementi di riferimento ma fondamentalmente per dare giustizia a questi "giovincelli appassionati della vera musica", li si dovrebbe classificare come una band di ricerca, una band che ha il coraggio di uscire dal comodo ed accogliente rock per cimentarsi e rischiare anche critiche brutali dai puristi immobili ed addentrarsi nella sperimentazione.

    Adoro chi rischia ma sopratutto adoro chi ha raggiunto questa libertà e non si preoccupa delle conseguenze perché sa di poter rischiare avendo dalla propria parte una perfetta padronanza "dell'Apparato Musica".

    Credo che un viaggio all'interno di questo Spiritual Revolution lo dovremmo fare tutti, se non altro per ben comprende la differenza tra chi mixa ad uso e consuetudine "modum populus", e chi lo fa perché se lo può permettere.

    Personalmente, oltre tutte queste riflessioni, io lo ascolto principalmente perché emozionalmente e musicalmente mi ha rapita fin dal primo ascolto.

  • musicislife 12 anni fa Rispondi

    Questa è MUSICA!!!!

    Bel lavoro questo dei romani Sailor Free. Già li conoscevo tramite i loro due precedenti dischi, poi li ho persi di vista, tanto che pensavo non esistessero più, che fossero entrati nel novero delle migliaia di gruppi che nascono e in breve muoiono. D’incanto invece venti anni dopo, come dal nulla, rinascono come l’Araba Fenice con quest’ultimo lavoro: Spiritual Revolution (part 1).

    E come rinascono!!!! La maturità compositiva del gruppo, che appare non più schiava di matrici e di generi, si cimenta in un’ opera maestosa, pervasa di colti richiami letterari e musicali, quasi a compendio di 50 anni di storia del rock: dal prog sinfonico al prog metal, dalla psichedelia alla world music, dall’hard rock classico all’ Art Rock più moderno. Nuovo è l’uso delle tastiere, finora sconosciuto se non per qualche intervento di organo o sinth vintage.

    Brani che prendono avvio in maniera incredibilmente cupa, si aprono poi in melodie fantastiche, malinconiche, da brividi. Riff acidi, che si trasformano in atmosfere psichedeliche e sognanti.

    La voce suadente di Petrosino è ben esaltata dagli arrangiamenti, dove Hook Barelli sfoggia un chitarrismo tecnico ed a tratti virtuoso, ma mai finalizzato all’autocelebrazione, sempre funzionale al brano, a volte struggente. Il drumming di Stefano Toni, lo conferma come uno dei batteristi più creativi della scena italiana che in coppia col basso di Alphonso Nini forma un’affiatata sezione ritmica in grado di sottolineare ora l’armonia del brano, ora la possenza del groove. In definitiva tanta tanta musica allo stato puro, senza secondi fini né ammiccamenti, sincera, suonata col cuore per 70 godibilissimi minuti.