La Tosse Grassa TG2 2012 - Pop, Industrial, Indie

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Tg1, Tg2, che confusione! Citare il vate romano con i Ray-ban non è il massimo per introdurre l’ennesimo colpo gobbo de La Tosse Grassa. Ma si sa, la vita è volgare…

Non le manda a dire Vanni Fabbri, aka La Tosse Grassa, quando urla, sbraita, intreccia bestemmie come se niente fosse, attacca a testa bassa il perbenismo che ci abbrutisce tutti, dichiara guerra a politici, razzisti e alla vecchia, piccola borghesia. A testimonianza che la cifra stilistica dell’agitatore maceratese non è cambiata di una virgola, che passare da “Tg1”, il suo lavoro d’esordio, a “Tg2” è stato un attimo, che i capisaldi del suo modo di vivere la musica sono sempre gli stessi. Ed è giusto che sia così: esiste forse qualcuno convinto che un giorno Piero Pelù smarrisca per strada la sua tamarraggine o che Jovanotti riesca a staccarsi da un orizzonte infestato dalla banalità? Certo che no, quando si parla di certezze non si può sbagliare, e le certezze della Tosse Grassa sono le seguenti: ironia, cattiveria e un cut’n’mix da paura.

Già, perché rispetto all’opera prima di qualche mese fa il taglia e incolla del Nostro è diventato talmente sofisticato da sconfinare nel geniale. Tipo: in “Barbara Bobulova” (forse parente, sia pur alla lontana, di quell’Ana Boranova le cui gesta furono decantate dai Vincisgrassi) confluiscono come se niente fosse i Doors e la sigla dell’“Almanacco del giorno dopo”, “Sono io la falsa modestia” accoglie gli acuti di Ian Gillan intersecandoli al primissimo Franco Battiato.

Geniale, sì, geniale e basta. Con esempi che potrebbero continuare, tra frammenti rubati a Phil Spector o all’inno di Mameli, citazioni degli Skiantos e tanti altri furti, a volte così difficili da riconoscere che il recensore di turno ad un certo punto è costretto ad alzare bandiera bianca. Rimane il rammarico per una resa sonora non proprio ai massimi livelli ma, si sa, il lo-fi è fico.

E se poi qualcuno dovesse rimanerci male anche per l’eccesso di cazzi, fighe (pardon, fiche) e quant’altro (leggasi bestemmie) sbattuti tra le liriche del disco (chissà cosa ne direbbe Sigmund Freud) si potrebbe ribattere, non senza attingere a quella banalità accennata poco sopra, che a essere volgare è il nostro modo di vivere e non il povero Vanni Fabbri. Oppure di mettersi il cuore in pace e di non rompere i coglioni.

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La recensione TG2 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-11-02 00:00:00

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