Un progetto musicale, a seguire le logiche di marketing, del tutto anacronistico ma non per questo meno valido.
Quando da bambina restavo a casa da scuola, mi piazzavano davanti alla tv fino all’ora di pranzo. Alle 8:31 i cartoni animati finivano e iniziavano le televendite e le pubblicità chilometriche. Tra queste c’era quella di una compilation su tre CD (avanguardia pura, all’epoca) che raccoglieva tutta la musica folk-rock statunitense degli anni ’60 e ’70. L’avranno mandata a nastro per dieci anni, quella pubblicità. Solo qualche anno dopo sono riuscita a collegare cosa avessero significato per il mondo quelle note, e a chi appartenessero quei nomi che un tempo mi erano suonati strani e insignificanti: Donovan, The Mamas & The Papas, Jefferson Airplane, Simon & Garfunkel (senza dubbio il riferimento stilistico più evidente) e via discorrendo.
I Going Indigo devono aver visto quella pubblicità anche loro. Le prime due tracce, "Ithaca" e "Spell River", trasudano di candidi cori maschili, suoni d'organo, chitarre acustiche e nostalgia di quei tre giorni a Woodstock. Un progetto musicale, a seguire le logiche di marketing, del tutto anacronistico ma non per questo meno valido. Infatti, nonostante la vena fricchettona mi abbia abbandonato molto, molto tempo fa, questo gioiellino l’ho ascoltato e riascoltato più volte, senza stancarmi mai. Perché è bello, non c’è che dire: i ragazzi sanno quello che fanno - tecnicamente parlando - e dimostrano anche una certa scioltezza: in alcuni frangenti, infatti, scelgono anche generi relativamente lontani da quello di riferimento, come nella già citata “The absence of it”, che sul finale viene declinata leggermente verso sfumature più tipiche del brit-pop.
Per chiudere, il terzetto ha definito queste tre tracce “un piccolo assaggio della nostra musica”. Personalmente sono già pronta per il primo, il secondo e anche il dolce. Ho già l'acquolina in bocca.
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La recensione ep di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-01-23 00:00:00
COMMENTI (1)
Non male.