The Cyborgs Electric Chair 2013 - Blues, Alternativo

Electric Chair precedente precedente

Tra i migliori personaggi mascherati del rock italiano, ambasciatori di un blues purtroppo poco futuristico

Mi ricordo qualche tempo fa di un uomo mascherato, vestito di rosso e blu, che nel suo film (e forse anche nel fumetto, sono un po' arrugginito) diceva che da un grande potere derivano grandi responsabilità. Gli uomini mascherati di oggi invece vengono dal futuro, parlano in codice binario e si fanno chiamare Cyborg 0 e Cyborg 1. Per quanto mi riguarda, senza alcun dubbio, i Cyborgs hanno il miglior personaggio del rock italiano contemporaneo. In più sono dei signori musicisti, l'uno chitarrista coi controcosiddetti, l'altro polistrumentista che sul palco suona insieme batteria e piano senza tradire la minima emozione (come d'altronde si conviene a una macchina, giustamente).

Dunque, le premesse sono buone, ottime. Dal vivo funzionano a meraviglia: è impossibile non essere catturati da questi due Terminator romani che rispolverano il ragtime e Mississippi Fred McDowell come se fossero rimasti chiusi per un secolo dentro una scatola del tempo. Il look fa, certo, ma la tecnica e l'interpretazione non sono da meno.

In questo momento mi accingo però a scrivere di un disco, "Electric chair", non di un concerto, e questo disco è composto da 11 pezzi originali. Torno dunque al discorso delle responsabilità enunciato dall'amichevole ragnetto di quartiere: oltre ad avere costruito un bel personaggio, i Cyborgs sono ambiziosi e vogliono partire dal blues per "un irripetibile slancio di ricerca e sperimentazione sonora". Il che ci sta tutto, per una band della loro qualità: peccato che all'ascolto il risultato non mi appaia esattamente all'altezza delle aspettative, inguaribilmente alte.

Nel senso, potrei concedere a un'altra band un paio di pezzi anonimi come "Hi ha doobie do ha" o "Groupie", ma di trovarmi di fronte a un album che fa il verso ai riff più stereotipati degli ZZ Top ("Eleven") e in cui l'annunciata sperimentazione si limita ad effettare (poco, molto poco) voce e batteria, proprio non me l'aspettavo. La voce, in particolare: troppo normale, troppo poco cyborg appunto, come in un qualsiasi disco rock-blues di media qualità, e lontana dagli standard che gruppi anche della scena indipendente italiana hanno fissato (per esempio, gli Waines in "Sto", mio piccolo pallino).

Ma il discorso può essere esteso anche alla composizione: mi ha sorpreso, purtroppo negativamente, la convenzionalità di molti di questi pezzi ("Last war", "Shoes for dance") e anche la sufficienza con cui sono arrangiati, impostati su una dimensione che live può funzionare ma che in studio richiede necessariamente qualcosa di più. Capisco il recupero della tradizione, operazione lodevole e tutto, ma la sua reinvenzione e contaminazione col suono del futuro qui non si sentono. A meno che non sia un futuro così timido, così prossimo, da suonare già datato.

Ad ogni modo, io credo ci sia la possibilità di aggiustare il tiro, perchè il talento e la fantasia i nostri amici meccanici ce li hanno. D'altronde si sa che gli eroi in costume devono sempre affrontare un po' più di critica in più rispetto ai "regolari", può testimoniare il solito Peter Parker. Ci ha messo un po' anche lui ad imparare ad usare i superpoteri: dunque chissà, forse anche i Cyborgs hanno bisogno di rodare ancora un po' i loro.

---
La recensione Electric Chair di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-07-17 00:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia