Un concept tentacolare e confusamente enciclopedico che declina il metal in tutte le sue forme e lo contamina in un impeto di autoreferenzialità
Desolati e mutevoli paesaggi sonori disegnati con inchiostro torbido e magmatico, racconti ectoplasmatici privi di prologo ed epilogo popolati da spettri luciferini e anime vaganti, vampate oniriche e trasfigurazioni preraffaellite di nostra madre natura. Il tutto che si muove schizofrenicamente, tra narcolettici slow motion e accelerazioni urticanti, sotto l’ombrello musicale di un metal declinato in quasi tutte le sue forme (prog, sinfonico, power, black) commisto a dark-ambient e folk arcano. Questo e altro è “Hypocrisera” degli Achernar Dream: un concept album tentacolare ma dispersivo, colto ma autoreferenziale, fucina di talento tecnico quanto cassa di risonanza di esercizi di stile connaturati a ben altri mostri sacri come Ulver, Dream Theater, Neurosis, Blind Guardian, Empyrium, Lacrimosa e Dead Can Dance (solo per citarne alcuni).
Siamo al cospetto di un misterioso progetto collaborativo (una sorta di Luther Blissett in salsa avantgard-metal) che spalma 7 composizioni su 43min saturi di violenza, romanticismo e malinconia affidati alla femminea lunaticità di chitarre virtuose, doppie casse, archi, pianoforte e occasionali contrapposizioni vocali. Dopo reiterati ascolti, per nulla concilianti, persiste il dilemma se un tale calderone della strega – per quanto suggestivo e chirurgicamente assemblato – sia soltanto figlio di uno smisurato talento o anche di uno sconclusionato compromesso tra inconciliabili individualismi accademici, come sembra dimostrare del resto l’onnicomprensiva suite di chiusura “Mechanima”, nei suoi 5 atti e quasi 11min di sonica anarchia.
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La recensione Hypocrisera di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-09-05 00:00:00
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