The Lizards demo 2002 - Rock, Cover

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Ammiro chi ‘lascia la strada vecchia per la nuova’, sempre e comunque, specialmente se abbandona un passato/tributo fatto di cover per abbracciare la difficile via della composizione. I The Lizards sembrano fare così; accantonati (momentaneamente?) i panni di cloni dei Doors, si frugano in tasca e si gettano nella mischia. Con un demo fatto di due pezzi (“Cado sempre” e “Unica”) danno fondo ad un rock italiano che, purtroppo, non brilla per originalità.

La voce, lasciata la calda e suadente scìa morrisoniana, fatica non poco nell’arrampicata nostrana ad un Renga (Timoria), Godano (Marlene Kuntz) ed un Pelù (ex-Litfiba) del periodo peggiore. L’importanza delle linee di cantato, specialmente se supportate da testi banalotti (“striscerei senz’ali che mi dai/ l’unica, l’unica sei tu nel cuore, l’unica sei tu o chi vuole”) è fondamentale ovunque, figuriamoci quando si ha a che fare con un’attitudine melodica, propria in questa parte di mondo, alla quale il gruppo non è estraneo. La parte ritmica fa il suo dovere, ma solo quello: pur appoggiandosi infatti a stili sicuri come l’uno-uno due cassa/basso, non eccelle per corposità e/o personalità. Anche la chitarra, figlia di arpeggi e riffs già risentiti, fatica a farsi ricordare a causa di arrangiamenti che o son fatti senza fantasia (col peccato mortale che ciò implica), o sono studiati per un gruppo che ancora deve farsi le ossa.

Gli inserti di tastiera non sarebbero male ma, visto il suono consueto dell’ensemble, rimangono troppo isolati. Ritornando all’annoso problema dei testi e della metrica ad essi applicata, auspicherei più lettura, riflessione ed attenzione; francamente la rima “mai/gineprai/ormai” è insostenibile ed altri contesti, tipo: “every day/every day/every day/you’re mine”, specialmente se troppo Police, non migliorano la situazione. Oltretutto l’attacco “cado sempre, tu non mi sostieni mai” è molto simile, anche nella melodia, a “scopo coi giorni a venire ma non vengo mai” di “Canzone di domani” dei Marlene Kuntz.

Occorre quindi una netta dichiarazione d’intenti: essere, chi? Suonare, perchè? Come farlo? Ritengo improponibile tenere il piede in due staffe: o si è tribute-band, con tutto ciò che la cosa comport,a o si fa cambia rotta. Non si tratta solo di quale repertorio scegliere o se preferire l’interpretazione alla composizione, ma di capire che sono proprio due attitudini diverse. Se quest’episodio musicale si colloca in un graduale abbandono del ‘Re Lucertola’, allora acquista valore in quanto primo passo verso l’espressione di sè stessi; se invece è un’ operazione complementare al clonaggio morrisoniano, rimane un vezzo poco utile e con poco senso.

Una cosa, in utlima analisi, mi sento di consigliarvi: osate, osate,osate!

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La recensione demo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-03-22 00:00:00

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