Melody Makers s/t 2001 - Rock, Blues

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Primo - e solido - debutto discografico per la blues-band biellese, formazione di musicisti la cui esperienza e capacità tecnica si nota sin dalle prime note del disco. Anima della band e autori dei brani sono Attilio Gili (vocalist che ha militato nelle fila degli UH! alla fine degli anni ’60 e successivamente negli Zip Fastener) e alle chitarre Emanuele Fizzotti (che ha fatto parte della storica Treves Blues Band, mentre nei primi anni ’90 collaborato con Cristiano De Andrè).

Sound quindi decisamente classico quello dei Melody Makers, scelta stilistica dettata forse più dall’amore per il blues puro che dalla carenza di vena compositiva innovativa.

La tracklist comprende nove brani originali e quattro cover, tra le quali “What I’d say” del grande Ray Charles suonata in chiave più movimentata; e anche se ciò va un po’ a discapito del mood che crea l’originale, rimane sempre un rispettoso e interessante tributo al grande soulman Del resto ho sempre odiato coloro che intendono le cover come clone perfetto (ed inutile) di un brano, come altrettanto odiosi rimangono i ‘moralisti musicali’ che reputano eresia ogni reinterpretazione dei brani classici. I pezzi originali spaziano dalle atmosfere di sapore r’n’b di “Squeez me tight”, brano nel quale i sassofoni accompagnano e completano gli intriganti riff della chitarra, a quelle più intense e soft di “Hertaches”, canzone d’amore che rappresenta un po’, dal punto di vista dei testi, la summa tematica. A dire il vero le liriche - sarà perché a volte scrivere in una lingua non propria limita le capacità espressive - risentono di una certa carenza di intensità. Ma é anche vero che laddove il confine tra semplicità e banalità diventa confuso, la lingua inglese ci mette una toppa. Ed è forse questa una delle poche pecche di un opera suonata davvero molto bene. Anche le linee vocali sono sempre adatte e precise, e d'altronde la voce di Attilio Gili, dal timbro caldo ed espressivo specie nelle note alte, è di tutto rispetto. L’ascolto dei brani mantiene sempre abbastanza viva l’attenzione - interessanti gli assoli di chitarra, che a volte sembrano rievocare il tocco alla Jimmy Page, altre alla Hendrix come in alcuni passagi di “What I’d say” - per passare a suoni più sinuosi, sul jazzy, come in “Lady swing”.

Non c’è da aspettarsi comunque ‘rivoluzioni copernicane’ nel modo di intendere l’armonia e la melodia da parte di un gruppo che ha nel sangue il blues; sarebbe quasi da sciocchi, e i Melody Makers nel loro primo lavoro di certo non hanno nei loro obiettivi l’innovazione, bensì portare avanti l’anima del genere musicale che ha rivoluzionato la musica e gli animi di generazioni.

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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-04-15 00:00:00

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