Miriam Mellerin Il Vizio 2014 - Progressive, Noise, Etnico

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Rock progressivo alla ricerca dell'identità personale e di una società migliore

Un essere umano in quanto tale è incline agli sbagli e ai passi falsi, i piccoli giacigli quotidiani che ci creiamo attorno come scudo verso diversità e novità portano ad una morbosa necessità di sgarro, in fin dei conti vogliamo tutti imporci piccole regole da trasgredire. Chiunque può cedere perciò ai vizi, siano questi dati da fattori nervosi come il fumare o il mangiarsi le unghie, o comportamentali a scelta tra i sette capitali, l'importante è sfuggire all'immobilità impegnandosi compulsivamente con noi stessi. Dispiegare in 11 canzoni le molteplici forme del Vizio è l'obiettivo dei Miriam Mellerin, band pisana giunta al secondo lavoro distante due anni dall'omonimo debutto; si potrebbe imputare loro di avere il vizio del comporre canzoni, ma in questo album non c'è nulla di morboso, nulla di compulsivo e assuefante se si scostano questi termini dalla pura attitudine musicale.
Rock progressivo intarsiato di mille altre sfumature, una complessità misurata tra testi e musiche, ogni pezzo merita la giusta attenzione per suo essere tassello fondamentale del mosaico concettuale. Così, immaginando di seguire la tracklist scendendo una scala gradino per gradino, partendo dalle "Mura Domestiche", che ti opprimono e che però ti aiutano a nascondere gli orribili crimini quotidiani, uscirne è essenziale per spiccare il volo verso un'identità che, bella o brutta sarà la tua e ti renderà meno "Incolore". Al terzo gradino il basso si fa prepotente e veloce, la chitarra sibila e le urla lamentose come dal fondo di un lungo corridoio parlano di notti buie e tormentate, in cui animali difendono il loro territorio lottando fino alla morte ("Scolopendre"); "Non lasciarti condizinare" è il Mantra da reiterare per fuggire dagli incubi e ritrovare la fede in se stessi, calmare le acque, affidarsi a persone amiche. Quì il disco flette le sue corde tese e distorte del noise rock per adagirsi su pochi minuti di ritmi tribali e un tappeto musicale di bouzouki, una necessaria presa d'aria prima di rigettarsi a testa bassa nei meandri dell'interiorità, perché la ricerca dell'io non è mai conclusa, si deve prediligere l'essere all'avere, tornare agli Usi e Consumi primordiali, indossare una maschera di purezza ed alzare finalmente la testa.
La fine della scalinata è vicina, una percezione individuale, con difficoltà è stata raggiunta, la società da costruire ora è una società diversa, tarata non più esclusivamente sui bisogni degli uomini adulti, ma su quelli dei bambini, così che spariscano corruzione, arrivismo, avidità e barriere mentali che fino a quel momento hanno inclinato il piano dei rapporti verso i vizi dell'era moderna. L'ultimo gradino, l'atto conclusivo è affogato nella rabbia, "Blob", è una sorta di apocalisse dell'uomo, che spintosi al di là dei limiti dell'umana natura, cade sconfitto dai propri vizi, veri sintomi della repressione delle regole e della malriuscita codifica della propria esistenza. Un album in cui i concetti chiave sono ben chiari e la musica usata per esporli regge il passo amplificando ed enfatizzando come nulla meglio potrebbe. Echi di Marlene Kuntz nel cantato, pillole di Deasonika nello strumentale, questo secondo disco dei Miriam Mellerin è un ottimo connubio di forma e contenuti, apre ad una prossima strada magari improntata alla sperimentazione dei suoni, a nuove trame sottili da incorniciare con la stessa cura. Se credete di non avere vizi ascoltate questo album, di sicuro vi verranno in mente.

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La recensione Il Vizio di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-01-21 00:00:00

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