In Vino Veritas I 2002 - Rock, Psichedelia, Grunge

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Gli In Vino Veritas hanno un bel nome e vengono dalla Lombardia. Ma ciò che interessa maggiormente è che danno l’impressione di avere talmente tante di quelle idee che si fa fatica ad inquadrarle tutte. E questa non è una qualità necessariamente positiva, soprattutto se questo abbondante flusso compositivo non viene disciplinato e calibrato in maniera intelligente.

Questo loro album autoprodotto ha la spocchia di essere una specie di ‘bignami' del rock (e non solo del rock!); ma il problema è che i risultati ottenuti non sono certamente sempre degni di essere menzionati in un’eventuale raccolta enciclopedica. L’inizio è affidato alla sguaiata “Bevi”, un pezzaccio punk-rock con tanto di rutto, alla fine del quale una voce in lontananza, preoccupata poiché lungimirante, ammonisce: “Due minuti di divertimento per vent’anni di rimorsi!”. Eh già! Almeno loro si sono divertiti; io un po’ meno.

Ci propinano di tutto questi gli In Vino Veritas: da un glam-grunge selvaggio e scapestrato in cui l’eyeliner si abbina alla barba incolta, tra T-Rex e Afterhours (in “Uguale a ieri”), fino ad arrivare al delicato folk intimista di un Tim Buckley (in “SublimAzione”). Continuando, citano i Led Zeppelin in maniera smaccata ma elegante (tra “Rain song” e “That’s the way”); si richiamano poi a quel rock italiano robusto e sanguigno alla Vasco Rossi, e addirittura evocano le atmosfere di un notturno di Chopin in “Per e”.

Assolutamente da buttare gli inutili e urticanti venti minuti di scomposto rumorismo synth-etilico di “HarPeggio” (di cui andrebbe salvato solo il simpatico titolo!).

In definitiva, l’anima più rock della band si dimostra troppo rozza e fracassona, mentre nei momenti più delicati si riescono invece a raggiungere vette di elevata raffinatezza ammaliante.

Depennerei la metà dei brani, per ottenere così un valido mini-album, ma mi rendo conto che quelli non sarebbero più i ‘veri’ In Vino Veritas. Rimane comunque difficile individuare la reale natura della band, la quale, con questo disco senza infamia e senza lode, costituisce un piccolo, insondabile mistero.

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La recensione I di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-09-11 00:00:00

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