The Roof Ambassadors s/t 2003 - Reggae, Drum & Bass

s/t precedente precedente

Africa Unite. É questo il nome che balza alla mente appena inizia l’ascolto di questo mini-album dei romani The Roof Ambassadors, i quali rievocano soprattutto le atmosfere elettroniche, drum’n’bass e dub de “Il gioco”, il disco più sperimentale della band piemontese. Ma già al secondo ascolto comincia ad emergere una certa originalità, via via sempre più evidente.

L’esperienza in altre reggae band e soprattutto un viaggio in Giamaica alla scoperta della vera anima del suono nella terra colorata del centro America, hanno fatto capire ai Roof che il reggae è un genere aperto a qualsiasi contaminazione: nei sette brani di questo lavoro, infatti, la materia in levare viene adattata a coloriture jazz, rock, d’n’b, all’elettronica. Certo, i puristi del giamaican-style potranno storcere il naso, ma oggi i puristi (di ogni genere musicale) sono una razza in via d’estinzione. Oggi l’imperativo è “globalizzare”, inteso ovviamente in senso musicale. E così, come hanno già dimostrato dei pilastri del rock internazionale quali Clash e Police, percorrendo la strada che unisce il reggae con il rock, il punk ed il pop, i figli contemporanei di Bob Marley colgono l’appello dei due gruppi inglesi citati e si lasciano trasportare dalla fantasia, ma soprattutto dal cuore. É questo che muove gli “ambasciatori della dance hall”, quella che a Port Antonio hanno frequentato assiduamente. Una dance hall dove è facile lasciarsi andare con le più classiche note reggae (“Cosa voglio”), pensando ad una storia d’amore indimenticabile (ricordando il mare, il cielo, i balli, l’amore, il sesso, l’erba…) e proseguire con una delicata ballata reggae intrisa di chitarre rock e synth (“Solo l’amore che hai”). Calde e battenti le atmosfere dub (“Lesson one”) e schizzate manipolazioni drum’n’bass (“Non c’è niente”), con le quali suggerire che “non c’è niente in questo sistema che assomiglia alla mia verità”. Un apparente pessimismo che però cambia tono in “Il segreto”, nel quale si vive un “segreto” musicalmente jazzato, pieno di elettronica, e con una melodia che attacca all’istante, obbligandoci a canticchiarne il ritornello dopo aver terminato l’ascolto del cd. “Il segreto” è ripreso anche in chiusura del cd, in un remix all’insegna della jungle da dancefloor.

Impossibile stare fermi. Un paio di minuti di pazienza e l’intero lavoro si stoppa definitivamente dopo un breve dub che commenta una storia fin troppo tragica. Riflessione e divertimento. Tradizione e avanguardia. Questa l’idea di fondo del combo romano.

---
La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-11-05 00:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia