D-SLAVES D-SLAVES 2015 - Rock, Funk, Blues

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L'album d'esordio della band siciliana, che denuncia a ritmo di funk-rock i mali della società nella quale viviamo

Nell’underground italiano della seconda metà degli anni ’90, con l’attenuarsi del fragore e anche del furore politico del rap, del raggamuffin e delle posse, le band intrapresero un’evoluzione creativa e lirica, progredendo verso altri territori sonori, pur mantenendo robuste le proprie radici nei suoni black e, in senso lato, funky, ma contaminandole, raffinandole ed esprimendosi a un livello artistico superiore, influenzate anche da quello che ribolliva oltre la Manica ed oltre l’Atlantico. Basti ascoltare la produzione di quel periodo dei Casino Royale, dei 99 Posse e dei Ridillo per avere un’idea.
E proprio a quel periodo e a quella tradizione si ricollega, aggiornandola quel che basta, l’album omonimo dei D-Slaves, con tutte le implicazioni, positive o meno, che queste influenze comportano, soprattutto a livello di tematiche.
I D-Slaves sono un quartetto siciliano dedito ad un funk-rock grintoso e venato di blues, solido nella sezione ritmica e sinuoso nelle melodie, che, anche se non apporta nessuna innovazione al genere, neppure sfigura.
Su tutta l’opera, però, incombe l’aura late 90s, sia nella voce della cantante che, nel timbro e nelle cadenze, ricorda Meg, sia -e qui quell’aura diventa greve- nelle tematiche affrontate nei testi, quasi tutti –o, meglio, tutti tranne uno, “Ti porterò con me” che parla d’amore- riflessioni sul proprio ruolo nel mondo (“Non è facile vivere così ma la vita mi ha dato solo calci in faccia” cantano nella traccia d’apertura) e nelle relazioni umane carenti di rispetto (“Il mio non vuole essere un consiglio, dalla tua vita, sai, non ci guadagno” rincarano nella seconda) e sull’estraneità avvertita nei confronti di un sistema che marcia a ritmi frenetici (“hai solo bisogno di sapere che esiste un’alternativa a questa rovina”, in “Mostro”), travolgendo le individualità e costringendole ad una massificazione che appiattisce ed aliena, rendendoci, anche a causa della pubblicità e delle nuove tecnologie, “Persi e distanti”, citando il titolo del brano di chiusura.
Converrete con me, prospettive e invettive sociali in musica abbastanza ingenue, dalle quali, per concludere, mi sento di esortare la band ad emanciparsi, almeno limitandole nei brani, affinandone i versi, per poter finalmente sciogliere e dispiegare in maniera piena le briglie della propria personalità musicale.

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La recensione D-SLAVES di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-09-04 00:00:00

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