Paolo Tocco Il mio modo di ballare 2015 - Cantautoriale, Pop

Il mio modo di ballare precedente precedente

Attraverso l’esperienza dei classici cantautori italiani, arricchita lievemente di elettronica, swing e folk, Paolo Tocco esprime “il suo modo di ballare”. E lo fa bene.

Vi sembra facile non aver niente da invidiare alla storia del cantautorato italiano? L'impegnata ironia di Lucio Dalla, la sensibilità di De André, i dettagli di De Gregori emergono a tratti, alternandosi e completandosi, nei brani di “Il mio modo di ballare”, ultimo lavoro di Paolo Tocco. È così che il disco diventa una summa della tradizione dei cantautori tutta italiana: è come se avessero deciso di lavorare e fare un disco tutti insieme.
Si potrà subito obiettare che non sia il massimo dell’originalità, ma un cantautore in quanto tale aspira più che altro ad essere musicista e scrittore, a comunicare qualcosa, e Paolo Tocco esprime se stesso con melodie soffici e lente accanto a ballate più movimentate. È per questo che il titolo dell’album è azzeccato, perché non si esaurisce nell’imitazione più povera, ma arricchisce sentieri già esplorati di fiori e colori personali.

Tra le tracce migliori va citata quella di apertura, “D’oro e di pane”, che diventa speciale nell’alternarsi delle voci di Paolo e di Helen Tesfazghi, cantante di origine etiope; così come spicca il duetto in “Occhi di cenere” con Elena Dragani: qui il brano è ancora più bello perché aggiunge lievissimi (forse troppo lievi) tocchi di elettronica, vibranti e perfetti.
Interessante, sensibile e sempre armoniosa è “Come le formiche”, punto di vista dell’infinitamente piccolo alternato “a un mondo di giganti”, ché i due in fondo non sono poi così diversi, perché “hanno sangue nelle vene anche le formiche”.
C’è spazio per ballate folk, spensierate e orecchiabili con “Aveva vent’anni” e “Luna nera”; mentre strizza l’occhio allo swing e scivola verso cori etnici “Il magico mondo di un vecchio che sapeva ballare”, con i fiati che dialogano con la voce e gli altri strumenti creando un’atmosfera che è allo stesso tempo ironica e onirica, “e intanto sogniamo e i nostri sogni non li puoi ammazzare”.
“Nenè” è intensa, profonda e sentita, sono le vertigini nello stomaco create dal piano (suonato da Vincenzo Murè) e dalla voce: una delle migliori in assoluto; “Pezzi di bugie”, infine, chiude con uno stile che deve tanto a quello più moderno di Dente.

Insomma, gli undici brani che si susseguono sono singole storie e dettagli che parlano di paesaggi naturali, di ritorno alla terra (come quelli che “cercavano sorrisi nelle pietre” di “11 settembre”) e si oppongono alla modernità della città; musicalmente alternano varie esperienze e, come già detto, non inventano nulla di nuovo, ma sfruttano a pieno tutto il patrimonio e il potenziale della tradizione dei cantautori italiani, aggiungendoci colori e creando interessanti sfumature.

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La recensione Il mio modo di ballare di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-10-30 09:40:00

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