Amanda Mabet SATURA 2015 - Rock, Elettronica

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Ambizioni e competenza troppo poco valorizzate. C’è tanto da sistemare, ma il risultato può essere ottimo.

“Satura” è un progetto ambizioso. È il primo disco degli Amanda Mabet, band che nasce da un’idea di Lorenzo Catinella, musicista, arrangiatore e autore attivo sulla scena musicale italiana già dagli anni ’90. Se all’epoca la sua ricerca era rivolta verso una sintesi tra reggae e rock, adesso insegue nuove forme che tendano ad un armonico connubio tra rock, pop e un pizzico di elettronica. È l’adattamento ai tempi moderni, in fondo.
È un progetto ambizioso, dicevo. Perché “Satura” è il titolo di una raccolta di Montale, punto d’inizio di una nuova poesia rivolta a temi quotidiani, con una sensibilità, profondità e originalità fuori dal comune. Allora anche “Satura” degli Amanda Mabet ambisce ad essere un punto di svolta: personale, artistico, musicale. Lo sforzo verso l’originalità si sente fortissimo in tutte le tracce. Sembra come quando si cerca di raggiungere la vetta di una montagna senza riuscire ad arrivarci. Qui si percepisce il desiderio di originalità, ma in realtà non lo si realizza mai.

Troppo spesso i brani spaziano tra un rock alternativo e basato sui suoni forti della chitarra elettrica e un altro rock più melodico e orecchiabile che scivola verso il pop; lo stesso accade alla voce femminile, intonata, attenta e graffiante, prima di perdersi tra pop e soul. È questo il caso di “Nero”, brano di apertura, di “Origami”, che potrebbe essere un brano da X-Factor, perché vocalmente ricorda Chiara o Noemi, ma parallelamente contiene anche spunti interessanti nelle scelte liriche, musicali (soprattutto in chiusura) e nel ritornello; o ancora di “Hu-Man” e “La corte dei miracoli”, che cedono al fascino del pop, del soul e dell’orecchiabilità. I punti più alti del disco sono invece “L’assedio”, che abbassa il tiro dopo il primo brano e dove tutto sembra essere più al suo posto; ma soprattutto “Rock rose” e “Octopus”, due brani che sono due bombe di altissima fattura, che accolgono il dub e tralasciano il soul per chiudere il disco in bellezza. Forse è per questo che alla fine restano più sensazioni positive.

In realtà però ci sono troppi alti e bassi. Salvo i tre brani che ho citato, gli altri sono ancora da mettere a punto. Idee, ambizioni e competenze però ci sono e questo è già un ottimo punto di partenza. Bisogna ancora trovare la giusta sintesi e il giusto equilibrio tra le varie influenze, ma con qualche accorgimento in più si può fare davvero un bel lavoro.

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La recensione SATURA di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-07-17 00:00:00

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