Dry Mould s/t 2004 - Rock, Alternativo

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Se penso all’estate mi tornano in mente i grandi concerti rock, gli sterminati assembramenti di migliaia d’appassionati sotto il sole cocente, quelli che ho vissuto e quelli di cui ho solo letto. Lo scenario cambia totalmente se penso alle serate invernali, buie, fredde, che spingono le persone ad entrare nei locali per cercare un po’ di calore (umano e no): le grandi masse estive non ci sono, l’atmosfera è in qualche modo più intima e spesso anche i concerti cambiano. È così che te l’immagini i Dry Mould, a suonare in un piccolo club, con le luci soffuse, il buio che preme per entrare dalle finestre e il rumore delle auto tenuto fuori…chissà, forse non è un caso che si siano formati durante l’inverno e che per trovare il “loro” suono si siano dovuti barricare in un casolare di periferia per isolarsi dall’esterno. All’inizio faccio un po’ fatica a notare le loro canzoni, abituato come sono alle rullate del punk, agli assoli hard rock e, pur non volendo, al pop fracassone del carrozzone mediatico. Devo cambiare registro e fare attenzione, ma poi ci riesco. Allora scopro un gruppo che partendo dalla classica formazione da rockband non vuole stupire con “effetti speciali”, non vuole urlare perché, sicuro delle proprie potenzialità, non ha bisogno di sbracciarsi per farsi notare. I Dry Mould si presentano come degli Afterhours più tranquilli, attenti a non premere troppo sull’acceleratore e, se capita, pronti a fermarsi subito (Stripe); solo nelle ultime due tracce il ritmo si fa più sostenuto (Several Things). Certo a volte sembrano troppo calmi, con la chitarra che prende spazio solo quando la voce di Nancy si spegne, correndo il rischio d’essere privi di mordente anche per la scelta di cantare in inglese un tipo di rock che molto investe sui testi. L’impressione è di un gruppo che suoni più per se stesso che per gli altri, caratteristica non per forza negativa, con qualche difficoltà per chi ascolta nel sintonizzarsi sulla giusta lunghezza d’onda. Non sono canzoni che vi “prendono”, dovete essere nella giusta condizione per farvi “prendere”.

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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-01-06 00:00:00

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