De Quincey's The copper line 2003 - Rock, Psichedelia, Post-Rock

The copper line precedente precedente

“The copper line” è un ottimo esempio di autoproduzione: cd ben confezionato, con una grafica semplice ed efficace, completa di testi e foto, segno evidente e concreto di un gruppo che vuole presentarsi bene. Giusto riservare una attenzione particolare a questo quartetto veneto che cita tra le sue influenze Sonic Youth e Nirvana - insieme agli inossidabili Pink Floyd ed ai nostri Marlene Kuntz. Nomi, questi, che inquadrano bene la proposta sonora anche se etichettata come ‘post-rock’; più che un suono, quindi, parlerei di attitudine verso questo (non)genere, visto che le nove tracce hanno un mood lento in partenza, dove la circolarità dei suoni delle chitarre si ripropone in diversi momenti delle canzoni, allungandone i tempi non sempre efficacemente. La ‘forma-canzone’, attuata quasi sempre in versione ballata, spinge invece a pensare che l’epopea grunge sia l’influenza più evidente che richiama, soprattutto nel cantato, gli Alice in Chains versione unplugged - anche se il suono della band è essenzialmente elettrico.

I brani risultano comunque efficaci anche se molto simili nella costruzione, alternando passaggi ‘sonici’ e rarefazioni ‘post’; il disco è quasi interamente cantato in inglese, lingua più efficace rispetto all’italiano di “Ai margini” che in un certo senso stona con il resto dell’album. Gli episodi migliori a mio avviso rimangono la title-track e “Butterfly voices”, con menzione doverosa anche per “Mudstar” e “Sad demon”. Probabilmente un po’ tutte le canzoni potrebbero migliorare con una registrazione più efficace, visto che in quest’occasione la batteria ‘troppo avanti’ copre un po’ quanto riescono a proporre le chitarre.

Comunque sia una buona prova che autorizza a ben sperare per il futuro.

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La recensione The copper line di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-01-21 00:00:00

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