Daunbailò s/t 2003 - Cantautoriale, Folk, Elettronica

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Che gli eredi dei Mazapegul abbiano cercato nel titolo di un film l’occasione per ripartire, può fare solo piacere. E se la pellicola è proprio “Daunbailò”, allora il piacere è doppio. Per alcune ragioni semplicissime: il valore estetico del film in questione, interpretato da due musicisti/attori di assoluto valore come John Lurie e Tom Waits, la presenza di un ispiratissimo Roberto Benigni, la regia di un perdente di lusso come Jim Jarmush, e quella sceneggiatura stramba e maledetta insieme. Daunbailò ora è anche il nuovo progetto di Mirco Mariani e Valerio Corzani, unici due superstiti dei Mazapegul. E la loro opera prima, se inserita nell’impietoso bianco e nero dell’omonimo film, farebbe la sua porca figura - anche se, alla fin fine, i ragazzi si accorgerebbero di aver indossato un vestito troppo stretto.

Non è proprio un disco senza colori questo, anzi. Se una certa tendenza alla malinconia fa innegabilmente capolino di tanto in tanto (due esempi su tutti: “Trio” e “Cloro”), è innegabile che il rock ‘obliquo’ di cui l’intero lavoro è denso sia la caratteristica migliore di un insieme in grado di non annoiare mai. “Daunbailò” è un cd prezioso, incastonato di piccole gemme da cogliere al volo, all’interno del quale ci si aggira facilmente tra canzoni costruite tenendo bene a mente le lezioni del già menzionato Tom Waits (la chitarra di Jimmy Villotti in “Anima muta” è molto esplicita al riguardo) e di Vinicio Capossela, del quale i nostri sembrano possedere sia il volto pseudo-romantico (“Vento di luna”) che quello eccentrico da saltimbanco puro (“Urska Salomè”). Qualche richiamo ai Mau Mau (“Maracanà”) ed ad un pop più cantautorale (“Con la chitarra sul tetto in un giorno di vento”) completano il quadro di un disco suonato con sapienza, arrangiato mettendo insieme la strumentazione classica del rock, le trasversalità proprie dell’elettronica e le piacevoli diavolerie del theremin. Un ‘tutto’ in grado di coinvolgere - ma anche di sconvolgere - al quale augurare anche qualche soddisfazione commerciale. Certo, se solo qualcuno si accorgesse del potenziale di un ipotetico singolo come “Hotel Miramar”, che non sfigurerebbe nemmeno nell’heavy rotation di una qualsiasi radio commerciale, avremmo qualche speranza in più di ascoltare della buona musica.

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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-02-28 00:00:00

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