Cesare Malfatti Una città esposta 2015 - Cantautoriale, Alternativo

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Il panteismo mistico di una nuova (vecchia) Milano.

Per chi come me non conosce Milano se non per quel volto radical-chic mostrato a suo tempo dalla celebre pubblicità dell’amaro Ramazzotti, immergersi in quest’album è stato come avere una guida turistica dolce e paterna, la quale anziché descriverti le meraviglie dell’arte che tutti ormai apprezziamo e ammiriamo, le trasforma magicamente in opere vive e pulsanti, che ti raccontano la città attraverso i loro occhi.

Una città divisa tra gli ultimi angoli bucolici scampati alla cementificazione di massa postbellica (“Cascina Campazzo”), in cui si scopre una Milano quasi provinciale e intima, dove persino la Madunina sembra scendere a terra dal suo trono di marmo per lasciarsi toccare; e la Milano sotterranea, fatta di chilometri di metropolitana che viaggiano da un capo all’altro della periferia (“M il carattere di Noorda”), formando un immenso agglomerato umano in continuo movimento, perennemente teso verso la semplificazione che il progresso porta (teoricamente) con sé.

Due Milano che, nonostante i diversi punti di vista, sono unite dalla voce calda e suadente di Cesare Malfatti, che da superbo cantastorie qual è utilizza le bellezze meneghine dell’arte classica e contemporanea (tra cui anche il celebre dito medio di Maurizio Cattelan) come metafora di generazioni e modi d’intendere la vita a confronto. Un’operazione che sa riportare alla luce la bellezza primigenia, sepolta da strati decennali di fango massmediale, di una città da sempre sinonimo di frenesia e bulimia tecnocratica.

Un panteismo mistico respirabile in ogni dove, che a livello musicale si manifesta con la voce sussurrata di Malfatti e con note en plen air di chitarra riverberata, sistemate su un tappeto di beat elettronici che evitano una discesa verso la malinconia e il rimpianto per la Milano dei tempi che furono.

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La recensione Una città esposta di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-10-01 10:00:00

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