i Rudi Nient'altro che routine 2015 - Britpop, R&B, Garage

Nient'altro che routine precedente precedente

Il buon album di debutto per il trio mod milanese, tra r'n'b, beat e pop fresco e cristallino

Milano, tra le città italiane, ha una tradizione mod-ernista radicata ed è sempre stata una delle piazze più vive e attive, sia quanto a presenza nelle strade di ragazzi in Clarks e parka sia, soprattutto, quanto a serate, club e band le cui proposte erano legate a quel caleidoscopio musicale e (sotto)culturale: soul, r’n’b, beat, ska e powerpop sono stati, sin da Piazza Mercanti dei primi anni ’80, e sono tutt’ora, una parte importantissima della vita notturna della città.
I Rudi si inscrivono in questa storia metropolitana fatta di eleganza e fierezza e, con questo album d’esordio, ne mantengono alto il vessillo musicale. Il trio è capeggiato dai fratelli Bernardi e il loro affiatamento è la cifra stilistica che più immediatamente emerge dall’ascolto: avendo deliberatamente scelto di suonare senza chitarra, il sound è creato dal groove impastato dal basso di Silvio e dalle tastiere di Gabriele, che si innestano sulla compatta scansione ritmica della batteria di Stefano Di Niglio.

Otto pezzi che scavano nell’immaginario sonoro mod, non restando però imbrigliati al tipico Jam-sound che impazzava nel 1979: partendo da una base di solido rhythm’n’blues, lo stile viene poi declinato nei diversi brani ora in direzioni marcatamente pop, ora verso i lidi più duri del beat italiano, oppure anche in riuscite digressioni hammond jazz.
Nonostante sia evidente l’influenza di band storiche della scena britannica, Small Faces e Artwoods, o meno storiche, gli Squires o i Prisoners, dei quali coverizzano anche, in italiano, “Melanie”, il lavoro non risulta all’ascolto polveroso o datato, ma, al contrario, si caratterizza per un piglio fresco e, appunto, pop che potremmo anche accomunare a certe composizioni di Cesare Cremonini (“Routine”, per esempio, avrebbe fatto la sua bella figura in –azzardo- “Squérez?” dei Lunapop).
Non è un disco per vecchi, mi verrebbe da concludere, e sentimenti di nostalgia verso epoche e miti ormai passati sono quanto di più lontano dall’attitudine dei Rudi, sopra i quali non aleggia il fantasma di nessun Paul Weller o nessuno Steve Marriott: c’è solo quella voglia –innata nei ragazzi di ogni tempo- di ballare e divertirsi.

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La recensione Nient'altro che routine di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-11-25 09:45:00

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