Plastik Explosion d'Eliografia 2004 - Psichedelia, Elettronica, Post-Rock

Immagine non trovata precedente precedente

Muoversi nell’ambito di un genere elettronico-sperimentale, ambient metafisico o comunque ci si possa divertire a definire questa probabile one man band (diverse fonti sostengono che i Plastik Explosion “nascondano” una sola persona) è estremamente rischioso.

E’ infatti un pregiudizio abbastanza diffuso ritenere di potersi emancipare dai vincoli di tempo e di ritmo della musica convenzionale con il semplice abbandono ad ogni emissione sonora possibile, in una sorta di catarsi psicanalitica spesso molto poco musicale. Mai come in questo tipo di ricerca invece, e molto più rigidamente che in altri generi, sono necessarie intuizioni potenti, strutture ragionate, dominio degli strumenti impiegati ed abilità di esecuzione, anche laddove si scelga di non farne sfoggio. E in questo equivoco cade purtroppo anche "d’Eliografia", in bilico tra Popol Vuh, Sigur Ròs e reminiscenze psichedeliche.

I sette brani sono pieni di sibili e riverberi di sapore intergalattico ("To spoil people"), di inesorabili loop bersagliati da pioggerelle isolate di microeffetti ("Lexotan"), di fraseggi reiterati come mantra ("Strolling Player") e persino di diverse sfumature industrial, a ben guardare tra le pieghe di quell’ "incontro tra ragazze cattoliche e lavoratori aristocratici” che nell’ultima traccia assume le sembianze di un gelido e ben poco umano sferragliare da officina (idea peraltro estremamente originale). "Tropeau chivalrous" fonde la lezione dei Sigur Ròs con un alone acustico che subliminalmente ricorda alcuni passaggi di "Wish you were here" dei Pink Floyd e riesce dignitosamente a farsi ascoltare. Gradevoli le atmosfere sospese e celestiali di "Ladyfiekd’s clan", in cui trionfa una sorta di strano ascetismo lo-fi. Quello che mi arriva nel complesso, tuttavia, è un’improvvisazione ingenua di temi incerti protratta spesso oltre ogni ragionevole limite (i 16,45 minuti di "Kidney" mi sembrano onestamente assai poco giustificati). Tutto è molto embrionale e dilettantistico, i ghirigori elettronici sono troppi, eccessivamente eterogenei e a tratti imbarazzanti e manca quasi del tutto un collante che dia senso agli spunti, fornendo a un progetto decisamente ambizioso qualcosa di più che un profilo appena accennato. La veste formale dell’Ep mi aveva incuriosito: copertina da Biennale, curioso legame tra titoli e brani (anche se l’inglese non è proprio ortodosso…), motteggio erudito nella scelta dei finti componenti della band. La resa finale però non è altrettanto brillante, sebbene mi renda conto di quanto possa essere stato difficile, per la persona che si nasconde dietro il Dr.Kafka e l’Avv. Speare Shake, gestirne tutti gli aspetti. A questo proposito, e sapendo che "d’Eliografia" non è l’opera prima di questa pseudoband anomala, mi aiuterebbe forse conoscere l’età dell’autore/esecutore dei brani, anche per capire se si tratta di un precoce demiurgo con ampie possibilità di miglioramento oppure di un abile regista nascosto momentaneamente sotto i panni inadeguati del melomane.

---
La recensione d'Eliografia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-05-19 00:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia