The Chanfrughen Shah Mat 2015 - Rock, Psichedelia, Blues

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Psichedelia, blues e rabbia in un album che ricorda da vicino gli anni '70: un bel disco di una band in continua crescita.

Già ci avevano colpito con le loro "Musiche da inseguimento" per la loro personalità e il loro affronto sfacciato al fare musica, andando a proporre un rock'n'roll sporco e casinista che tanto ci aveva affascinato. Li ritroviamo a distanza di quasi due anni ed è indubbio che in questo tempo non se ne siano stati con le mani in mano.

Le chitarre dai toni aperti e la voce squarciata lasciano spazio a sonorità più cupe, fin quasi opprimenti, già dall'ouverture: un pezzo strumentale ipnotico e delirante che arriva a definirsi nel suo continuum naturale, il singolo "Belize", un brano fatto di psichedelia, blues e rabbia in cui subito riconosciamo i The Chanfrughen che conoscevamo: testi irriverenti (e intelligenti) oltre a un approccio senza confini agli strumenti e alla voce, andando a proporre saliscendi musicali continui, che si inseguono tra loro e che non mollano mai la presa. Sembrano invece definitivamente abbandonate quell'immediatezza e quell'irruenza che tanto avevano caratterizzato "Musiche da inseguimento", a favore di arrangiamenti più complessi (fino a sfiorare il prog) e nuove influenze (dalle chitarre soliste dei Led Zeppelin di "Dazed and Confused" in "Rhum, spezie, sciac tra" alle linee vocali dei Litfiba nella title-track "Shah Mat") mentre si fanno sentire ancora più forti i richiami agli Area in particolare in "Parassiti", con le sue lunghe parti strumentali e i suoi improvvisi cambi di ritmo.

In conclusione, la delusione di non aver ritrovato il piglio da cazzari che tanto era piaciuto nel disco di esordio si è fatta subito dimenticare, lasciando presto spazio al fascino per l'interessante percorso di crescita intrapreso dai The Chanfrughen, che fortunatamente non è ancora arrivato a totale compimento. Se infatti "Shah Mat" è senza dubbio un disco di buon livello non può essere già un punto di arrivo, e la speranza più grande è che dopo quest'esperienza audace e sperimentale esca quel london calling che faccia fare il definitivo salto di qualità alla band ligure. Perché sono bravi, potenti e intelligenti. E se lo meritano alla grande.

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La recensione Shah Mat di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-02-08 09:45:00

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