Sara Velardo 3 2016 - Rock, Indie, Folk

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“3” è un disco attuale e sensibile che dipinge l’Italia attuale, con le sue contraddizioni e i suoi limiti. Un disco “necessario”.

Sara Velardo intitola il suo terzo album matematicamente “3”. Il tre è numero perfetto, simbolico e importante, e per Sara Velardo rappresenta una svolta dal punto di vista musicale, perché qui non c’è solo lo stile cantautorale e acustico che caratterizzava i dischi precedenti, ma anche quel rock che ha fatto la fortuna delle donne del rock (da Carmen Consoli a Cristina Donà passando per Paola Turci).
Ma lo stile di Sara Velardo resta singolare e particolare, nella voce e nei sentimenti, nell’energia che sprigiona quando canta della violenza sulle donne o dell’ebbrezza religiosa (“Ubriachi di Dio”, e come potrebbe essere diversamente se i tempi moderni sono ebbri non più di vino, ma di Dio? Se si giustificano conflitti e guerre con le religioni?).
Sara Velardo tiene il passo dell’attualità e in base a quella lascia creare alla musica e ai testi immagini concrete e reali che scorrono davanti agli occhi. In “Errati acquisti” a parlare è la donna che subisce le violenze del suo uomo, ché di quell’amore apparente non resta che “un gran vocione, una bestemmia […], un pugno in faccia, un calcio nella pancia, un bicchiere in aria, un volo dalle scale”. Ma non basta nemmeno per trovare la forza di uscire da questa terribile situazione, perché “lo so che non vuol farmi male, ed ogni volta mi rialzo, mi dimentico tutto”. Sono tutte le difficoltà di liberarsi da quella violenza, è “un calcio in faccia” a tutti i tentativi di giustificazione di chi dice “se l’è cercata”. Sara Velardo parla da donna, con forza e sensibilità, e ce n’è tanto bisogno di donne come lei.
“Come una poesia” è più intima e lenta. Sono le sensazioni che bloccano, ché “se ti sento respirare mi paralizzo, non so parlare”, eppure “oltre il pensiero di te non c’è più niente”. E si cade in un attimo nella nostalgia di “Nuotando nell’aria” dei Marlene Kuntz per uno spettacolo d’intensità e peso sullo stomaco.
Nel disco, proprio al terzo brano, trova spazio anche una cover beatlesiana di “Tomorrow never knows”, uno dei brani più belli della storica band di Liverpool. E nonostante i prevedibili pregiudizi dei nostalgici, è una gran bella cover.
“Trageriaturia” e “Pigghimi ora”, invece, sono brani in dialetto calabrese che si completano a vicenda e potrebbero essere un unico brano, che ricorda tanto quelli in dialetto di Carmen Consoli. Il paragone non è casuale, perché la Cantantessa è un esempio che, nonostante il successo a livello nazionale e internazionale, non hanno mai dimenticato né messo da parte le proprie origini, perché in fondo al di là della voglia di emancipazione è lì che affondano le proprie radici.
“I confini di casa mia” cambia ritmo. In meno di un minuto e mezzo dipinge alla perfezione l’Italia del 2000, tra ostilità verso i migranti, tutti aspiranti terroristi, ipocrisia politica, segreti di Stato, evasione fiscale e indifferenza che nonostante tutte le lamentele regna quasi sempre sovrana. Il tema dei migranti torna più forte e serio nella successiva “Migranti”, altro brano in dialetto, intenso fino in fondo che immagina un ribaltamento dove “gli italiani ccà nun ponno stare”. E certe volte lo immagino anch’io.

Sara Velardo, insomma, arriva al suo terzo disco e non abbandona quello che le riesce meglio: parlare d’attualità, soprattutto nazionale, dipingendo ritratti e indossando personaggi, dando voce alle contraddizioni e ai limiti della nostra epoca, urlandoli a volte, sbattendoli in faccia con forza, personalità e sensibilità.

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La recensione 3 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-04-15 00:00:00

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