Tre Allegri Ragazzi Morti Inumani 2016 - Afro, Pop rock

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Rock, cumbia e tanti amici, per trovare la formula dell'eterna giovinezza.

Si può crescere senza invecchiare? Si può fare dell'esperienza una forza e un arricchimento e non un motivo di stasi e disillusione? Osservare il presente con l'occhio critico di chi ci sta dentro, non con quello di chi ne resta fuori e se ne sente al di sopra? Viaggiare, conoscere, continuare a scoprire?
Si può, e i Tre allegri ragazzi morti sono fra quelli che hanno la ricetta per farlo. Diventare grandi senza ammuffire, che poi non significa chissà cosa, non significa fare solo capolavori o migliorare a ogni album, questo non lo fanno i TARM, non lo fa, fino a prova contraria, nessuno dei gruppi che invecchiano con dignità. La questione è un'altra: "Inumani" è un capolavoro? No. È un album che ha dinamismo, idee, visione, voglia di scoperta? Che potrebbe sembrare prodotto da una band emergente? Sì.
E tanto basta per promuovere ancora una volta Toffolo&Co. Che tornano con un disco fresco e giovane, dicevamo, e allo stesso tempo che suona come un sunto – cosa forse inevitabile a un certo punto - della carriera della band.
C'è dunque quella continua ricerca di sonorità da tutto il mondo, che li aveva portati a infatuarsi delle ritmiche reggaeggianti (presenti anche qui, per esempio in “E invece niente”) e che oggi li ha fatti innamorare della cumbia colombiana. Questa musica che secondo Davide Toffolo è “come il punk” la troviamo a colorare Milano, “capital ben vestida”, nel primo singolo, dove il featuring di Jovanotti ci sta come un hipster sui Navigli.
Ci sono le energie portate dagli altri ospiti: Adriano Viterbini – che ci mette del blues dove serve, e serve anche senza farsi notare troppo -, Maria Antonietta e Vasco Brondi, autori rispettivamente dei testi di “E invece niente” e “Libera”, e poi Pietro Alessandro Alosi dei Pan del diavolo, Alex Ingram, Monique Mizrahi, tutti partecipi del rituale collettivo che è ogni album dei TARM. Una festa divertente, malinconica e surreale, dove tutto – il rock, il reggae, la cumbia, il blues, l'Africa - riesce mescolandosi a diventare pop, a far tornare adolescente o giù di lì anche chi non lo è più, a farti sentire come il personaggio di un fumetto (a proposito, il titolo "Inumani" si riferisce a personaggi dell'universo Marvel) con molto pensiero, disegni che illustrano piccoli bozzetti di una realtà multiforme, personale e universale, fatta di corse nei prati, rimpianti per una vita sdraiata, giochi con le parole, amore, naturalmente, città che sembrano altre città, scarpe consumate, amici morti.
E di questo “mondo immaginato che cosa resterà?”, si chiedono i ragazzi. Resterà, diciamo noi, un immaginario che anche oggi, in questi anni consapevoli che “prima erano in cinque a scrivere canzoni che cantavano tutti, adesso tutti quanti scrivono canzoni che qualcuno canterà”, resta vivo, peculiare e riconoscibile. E non invecchia.

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La recensione Inumani di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-03-28 00:00:00

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