King of the Opera Pangos Sessions 2016 - Cover, Alternativo, Acustico

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Un appassionato divertissement rivisitativo per rimarcare il proprio territorio affettivo e artistico, all’insegna di quell’anno magico che fu il 1985

Penso sia capitato anche a voi di ritrovarvi a curiosare tra le canzoni uscite durante il vostro anno di nascita per provare a immaginare che aria tirava all’epoca e magari riscoprirvi, col senno di poi, anche un po’ figliocci di quelle stesse canzoni. Ecco, il buon Alberto Mariotti, giunto al traguardo dei 30 anni, si spinge oltre la mera curiosità storiografica per costruire su questa sbirciatina retroattiva un disco intero, sotto il già ben collaudato marchio di fabbrica di King Of The Opera.

Qui, nella fattispecie, stiamo parlando del 1985 – anno di nascita di Alberto, appunto – e “Le Pangos Sessions” pensano bene di rivisitare cinque brani memorabili dell’epoca che hanno segnato, ognuno a suo modo, le sue prime fregole creative. Cinque canzoni tatuate sul cuore, per rimarcare il proprio territorio affettivo e artistico – nell’ordine “Swinging party” dei Replacements, “The whole of the moon” dei Waterboys, “A night like this” dei Cure, “Blind love” di Tom Waits e “Death Valley ‘69” dei Sonic Youth – che, scaltramente alternate a quattro riletture dal repertorio di Samuel Katarro/King Of The Opera (“Pop skull”, “9V”, “Beach Party” e ““Nothing Outstanding”) e a un inedito (“By the shore”), vanno a delineare un corpus omogeneo di dieci pezzi che, a livello emotivo, tanto deve alle pregevoli esibizioni dal vivo del musicista pistoiese.

Supportato da un valente manipolo di sodali Mariotti riesce nell’intento di portare dalla sua parte cinque piccoli capolavori altrui, vestendoli di nuovi e più tenui colori acustici, fino ad azzerarne la distanza stilistica (e anagrafica) dalle creature di sua produzione: in un clima generale di ovattata bellezza tutto gira intorno a un pop-folk (tra)sognante che sfodera i suoi momenti migliori negli slow motion tintinnanti di “Swinging party” e “A night like this”, che qui rinascono entrambe a nuova vita, nelle striature dylaniane di “The whole of the moon”, nella provincia malinconica à la Grant Lee Buffalo di “9V” e nella sempre intrigante “Beach party” che dismette i suoi originari stracci blueseggianti per indossare ben più stradaioli indumenti.

Per il songwriter toscano un appassionato divertissement interlocutorio in attesa del prossimo album di inediti che, a giudicare dalla sfuggente “By the shore” (tra Lanegan e Kozelek), lascia presagire frutti succosi, sempre all’insegna di un’America spiata con avidità dal buco della serratura.

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La recensione Pangos Sessions di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-08-25 00:00:00

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