Daniela Savoldi Trasformazioni 2016 - Strumentale, Sperimentale, Ambient

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Partire da un violoncello per esplorare, in totale solitudine, un altrove trasognante e inafferrabile.

Partire da un violoncello per esplorare il mondo, sporcando con l’estro e una visione panoramica dell’arte una formazione classica, per rivitalizzarla al meglio e poi metterla proficuamente al servizio della più anarchica sperimentazione. È dunque una sensibilità (post)moderna quella che muove l’esordio di Daniela Savoldi che, prima di approdare al suo meritatissimo battesimo in solitaria, ha pensato bene di farsi le ossa prestando i suoi pregevoli servigi a personcine come Muse, Le Luci Della Centrale Elettrica, Nada, Calibro 35, Francesca Lago, Le Man Avec Les Lunettes e molti altri ancora. Tutte frequentazioni, queste, che hanno evidentemente consentito alla violoncellista italo-brasiliana di asservire scaltramente l’accademia all’improvvisazione, alla leggerezza esecutiva e alla commistione di generi, fino al più appagante dei cortocircuiti orchestrali.

“Trasformazioni”, infatti, tratteggia un insolito crossover su arco attraverso sei piccole suite di violoncello, loop e minuterie elettroniche che sembrano violentare la geometria degli spartiti per tramutarsi in scarabocchio sonoro in libera sospensione su canoni classici, jazz, ambient, umori post-rock, suggestioni cinematografiche ed esotismi lontani, in un quadro atmosferico generale di mestizia e romanticismo decadente: l’arcano fiume di lacrime della struggente “Lamento” si trascina dietro le violacee visioni orientaleggianti di “Bordone”, mentre i malinconici rimandi dark-neoclassici di “Cavalcata” (con gli Ashram a fare capolino) aprono al composito piano sequenza di “Viaggi” e al requiem contorto della monumentale “People”, prima del più conciliante congedo affidato alle carezze di “Sorprendi”, unico vero bagliore di luce all’interno di un umbratile altrove, trasognante e inafferrabile.

Un’opera prima coraggiosa e, forse, intimamente sofferta, che, sganciata da qualsiasi ambizione commerciale, raffredda sovente la melodia più rassicurante per lasciar campo alla disarmonia e all’umoralità più incontrollata. Già soltanto per questo meritevole di stima.

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La recensione Trasformazioni di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-10-20 10:00:00

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