Fabio Caucino Immagini da sopra il cielo 2004 - Cantautoriale

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Sono colto da improvvisa emozione, quando sotto ad una chitarra che ricorda il Gianmaria Testa più acustico, riesco ad udire un soffice canto di grilli in "Ricordi d'acqua dolce". Fabio Caucino si impossessa così di un'idea che accarezzo da anni - in realtà non troppo originale, ma di sicuro effetto. Niente potrebbe ricordarmi meglio l'estate. Ma il riferimento che qui faccio a Testa, purtroppo non è casuale. Trovo che Caucino, come il piemontese, abbia tutte le qualità ed i difetti del cantautore "di maniera". La fedeltà a modelli troppo ingombranti, in questo caso rovina i buoni propositi di partenza.

Non posso nascondere un certo imbarazzo nel recensire "Immagini da sopra il cielo" - che fin dal titolo ricorda da vicino le fossatiane "Lettere da sopra la pioggia". Da un lato esso si riferisce con fin troppa evidenza a due cantautori che in molti amiamo alla follia - Paolo Conte e Ivano Fossati - con una capacità sorprendente d'emulazione, grande ricchezza di timbri e d'arraggiamenti, cura del dettaglio e nella scrittura dei testi. Dall'altro però il disco scivola troppo spesso nel già sentito. È cioè un rifacimento garbato, ma di scarso interesse per chi abbia razzolato in lungo e in largo nei personali immaginari genovesi-sudamericani dei due cantautori. Così, l'apertura di "Domani" ci ripropone con preoccupante appiattimento la gestualità vocale del primo Conte. Basta citare un paio di versi a caso, per spiegare quanta devozione sia spesa nel richiamare la proverbiale atmosfera da "tinello marròn": "la donna indiana è seduta sul letto di loto e tiene il passo di un'antilope in corsa".

Ma questo cenno basti solo d'esempio; la pur ottima "Disarmante" sembra una b-side de "La disciplina della terra". Tutto è al suo posto, la registrazione è splendidamente condotta, gli arrangiamenti ed i testi sono venati del giusto pathos, e la nostalgica meditazione sul passar del tempo è certo sincera; eppure l'impressione è inevitabilmente del deja vu. Le cose purtroppo non migliorano quando Caucino riprende i recitati teatrali del Fossati più pretenzioso ("Qualcosa appare in lontananza") o maneggia le "solite" atmosfere sudamericane ("Margarita", "I tamburi di Izabal").

Mi spiace di dover essere così lapidario nei confronti d'un disco che per certi aspetti è davvero squisito. Ma dopo lavori definitivi come "Discanto" e "Lampo viaggiatore", come "Aguaplano" e "Novecento", ne avevamo davvero bisogno?

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La recensione Immagini da sopra il cielo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-12-03 00:00:00

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