“Overkind” è un disco fatto di un pop-rock pulito e melodico che osa ancora troppo poco dal punto di vista musicale, lasciando un ingombrante senso di ripetitività.
Nata in Croazia e trasferita a Pavia, Maggie Balog pubblica nel 2016 il suo ultimo album, “Overkind”. È un disco dalle tinte soffuse, dai toni tenui, leggeri e delicati, come anche la voce della cantautrice croata, pulita e comunque decisa in ogni momento. Le note sono quelle di un pop-rock semplice e melodico, piacevole all’ascolto e poco impegnativo. È questo il suo pregio e il suo limite: Maggie Balog fa le cose semplici, ma fatte bene e questa è una qualità; dall’altra parte osa ancora troppo poco, quando potrebbe farlo con una voce sempre precisa e puntuale.
I brani scorrono quasi tutti accompagnati dagli accordi di una chitarra acustica in sottofondo. Intorno, gli altri strumenti non sono che un contorno sfocato che assume linee più nette grazie alla voce di Maggie, la vera protagonista, come se ogni brano fosse un piccolo quadro con la voce in primo piano. Sono ancora troppo pochi, però, i brani che restano impressi per la loro originalità e che si staccano da quella linea continua su cui scorrono tutte le tracce, troppo simili tra loro: tra questi, “Jotw” attira l’attenzione perché al tenue pop-rock dei brani precedenti aggiunge note di soul e suoni più ricercati; “Would you please”, invece, prende alla gola con una voce che si fa più roca, suoni di archi in sottofondo, per uno dei brani migliori e più emotivamente coinvolgenti dell’album.
Insomma, il limite maggiore del disco è forse il suo poco coraggio, soprattutto dal punto di vista musicale, a parte qualche rara eccezione. Il risultato è un disco curato, pulito e piacevole da ascoltare, ma che lascia ancora un senso di incompletezza e ripetitività troppo ingombrante. Con qualche accorgimento e un po’ più di coraggio nell’osare, si può fare di meglio.
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La recensione Overkind di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-09-29 00:00:00
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