Secondo Wallace Sete 2017 - Rock, Etnico, Alternativo

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Un disco world-pop per palati non troppo esigenti. Simpatico, divertente, ben fatto.

“Secondo Wallace” ogni esistenza rappresenta un viaggio e chi viaggia vive due volte: nel sogno della partenza e nella realtà del mettersi in cammino. “I veri viaggiatori partono per partire e basta. I loro desideri hanno la forma delle nuvole e del mare”. Sono cacciatori di sogni con lo sguardo rivolto al cielo, le onde cullano la smania di andare, e nel vento placano ansie di libertà. Poco importa lo spazio da percorrere; è l’esperienza del viaggio a rendere la vita sempre più aperta al possibile. “Secondo Wallace” la musica vive in ogni viaggio e, ascolto dopo ascolto, si muove in danze circolari al battito di polsi ansimanti. Chitarre, percussioni e cori, come canti di marinai sullo sfondo, scandiscono il tempo; archi, duduk, fiati danno forma al viaggio, in un gioco di iridescenze armoniche. Tutto scorre con la serenità di un momento felice in qualche angolo del mondo. L’impressione è di navigare in un disco dove la musica è linguaggio aperto, vibrante, e dove si canta per sentirsi in pace col mondo.

Con tutto il “Fiato”, la voce rivela un “sogno alla deriva perduto nel mar, nella schiuma, nel sal…il vento si ferma in bonaccia..trascina sogni oltremar..”: etnomusica pop. Il Mediterraneo porta in dote chitarre battenti, canzoni e un crocevia di popoli in cerca di fortuna. È un fiume nel mare, una marcia tra le onde che non si arresta e balla al centro di dune calde e soffici ("Marcia infuria"). La paura, come bestia in agguato che divora i pensieri, blocca il movimento (Chalo-chalo); ma il cuore battagliero avanza sempre, “vagabondo nelle terre del sud…la terra gira sotto la luce antica, su terre aride e deserte, e si perde in miraggi d’oriente” ("All’ombra del sole"). Con un po' di pazienza i suoni scaldano i sensi, come fuoco acceso nel deserto notturno, tentando di recuperare il colore di una musica oltreconfine che cerca strade da percorrere. La creatività non manca e si fa commestibile, commerciabile, in suq lontani. Qui, trame di corde e percussioni offrono magia incantatrice (“Cambia”) e sogni sospesi fra oriente e occidente (“Rabdomantia”). Il disco viene presentato con l’orgoglio di chi può definirsi un organico affidabile e solido, forte di arrangiamenti leggeri, accattivanti (“Il folletto di Jordaan”).

Un world-pop per palati non troppo esigenti. Simpatico, divertente, ben fatto. Per chi avesse voglia di viaggiare un po' tra le nuvole…e il mare.

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La recensione Sete di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-04-04 00:00:00

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