Lorenzo Marianelli State Sereni 2018 - Pop

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Leggerezza e canzoni catchy per l’esordio solista di Lorenzo Marianelli.

“State sereni”. In due parole una dichiarazione di intenti, un manifesto programmatico, una rivendicazione. Due parole fondamentali per chi, come Lorenzo Marianelli, ha deciso di difendersi dalle insidie della vita armandosi di una sana e robusta leggerezza. “Vivere di corsa non permette di pensare”, spiega in “Lunedì”. E vai a dargli torto.

Lorenzo Marianelli suonava la musica del diavolo con la Betta Blues Society, la sua chitarra rotolava tra le orme di Blind Willie Johnson e il ragtime, poteva capitargli di dividere il palco con i Lynyrd Skynyrd o, volendo, con Carmen Consoli. La dimensione solista lo piazza da tutt’altra parte. Più intimismo, meno blues, maggiore attenzione alle piccole cose che arricchiscono la vita e la rendono preziosa. “State sereni” parla (inevitabilmente) di amore, e poi di musica, di matrimonio, dell’arrivo della domenica e dai suoi tragici agguati. Un album allegro, scanzonato, ben incastonato tra testi ricercati e rime a tratti irresistibili, devoto a un pop catchy, che ogni tanto trova rifugio tra caldi veli di malinconia, che non disdegna emozioni forti (“Si dà il caso” è dedicata al padre scomparso).

In gran parte, ci si muove tra trame elettroacustiche, fanno capolino gli archi, il sax, la tromba, rendendo il suono del disco arioso, di presa sicura e immediata. Inevitabile il raffronto con cantautori come Max Gazzè, Niccolò Fabi o Samuele Bersani, eppure la chitarra di “La maledizione” ricorda lo stile di Jonny Greenwood, tanto per dire che al Marianelli piace guardarsi attorno, senza vincoli, con le mani libere. E se “State sereni” non cambierà le sorti del mondo o dell’italico indie, a forza di ascoltarlo potremmo ritrovarci con qualche sorriso in più da esibire. Non è poco, davvero.    

 

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La recensione State Sereni di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-09-17 00:00:00

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