Grand Drifter Lost Spring Songs 2018 - Cantautoriale, Pop, Folk

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Grand Drifter è Andrea Calvo, che al suo primo lavoro da solista tira fuori un disco perfetto per l’autunno, dinamico, poetico e malinconico.

Guardo fuori dalla finestra in una giornata autunnale, il cielo sfumato tra il grigio e il bianco promette quella pioggerella sottile e quasi impercettibile per tutto il giorno, il freddo penetra anche attraverso i vetri chiusi e si mitiga con il calore dei riscaldamenti. Con il solo desiderio di restare in casa in una giornata come questa, parte “Lost Spring Songs” di Grand Drifter, che è Andrea Calvo, cantautore e musicista al suo primo progetto da solista, e si capisce subito che il suo sound è quello adatto, a dispetto del titolo che parla di primavera e delle sue canzoni perdute, scivolate ormai nell’autunno.

“Lost Spring Songs” è infatti un concept-album il cui filo conduttore è l’appartenenza alla stagione autunnale, un disco che è tutto musica e malinconia. Il sound è soffuso come la luce che a tratti si fa spazio tra le foglie che cadono e si riflette su quelle già a terra, le melodie quasi acustiche, miste a pizzichi di rock, sembrano come il vento che comincia a soffiare più rigido, che muove le foglie e sfiora i volti delle persone, ormai avvolte in stretti cappotti.
Nonostante la calma che infonde, è un disco dinamico e in continuo movimento: Grand Drifter è infatti un vagabondo, uno straniero che cammina, è un po’ Andrea Calvo che percorre le strade di una città qualunque in un giorno come questo, con i piedi che trascinano le foglie, che calpestano un asfalto inumidito dalla pioggia e si contamina e assorbe tutta quell’atmosfera, malinconica e poetica allo stesso tempo, e la mette in musica in modo pienamente riuscito. Attingendo un po’ dall’esperienza di Elliott Smith o Iron & Wine, Grand Drifter trova la propria identità mettendo nelle canzoni se stesso e le proprie sensazioni: “Lost Spring Songs” è infatti un disco da ascoltare e assorbire, un’esperienza sensoriale da cui lasciarsi inondare, stimolati da parole e melodie in perfetta armonia le une alle altre.

Se “The Balloon’s Boy” è un po’ il manifesto di tutto l’album, giustamente posizionato come brano d’apertura, la reprise finale ne è la degna conclusione strumentale, in cui il testo si canticchia a mente: “real life is nothing, but the strings in your hands”; “Circus Day” aumenta un po’ il ritmo sulle note del piano e sembra di danzare sotto la pioggia, “Untitled Waltz” è un valzer tutto particolare, “The Way She Knows” fischietta ed esalta il ricordo di momenti passati. Tutti i brani hanno quindi una loro dimensione, pur rimanendo tasselli di uno stesso percorso, per un disco perfetto per questi momenti poetici e malinconici.

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La recensione Lost Spring Songs di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-12-19 09:05:00

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