Mercanti di Liquore Che/cosa/te/ne/fai/di/un/titolo 2005 - Cantautoriale, Acustico

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Che/cosa/te/ne/fai/di/un/titolo è vivace e sofferente al tempo stesso, un’ancora di salvataggio lanciata per difendersi dalla vacuità del nostro piccolo universo

C’è qualcosa di nuovo tra le corde dei Mercanti di liquore. A cominciare dagli arrangiamenti, meno essenziali rispetto al passato, maggiormente elaborati e sofisticati. Ma c’è anche qualcosa di antico, di risaputo.

Che/cosa/te/ne/fai/di/un/titolo è la riconferma della capacità del trio monzese di raccontare storie. Con ironia, dolcezza, realismo. Usando metriche ineccepibili, poesia, teatralità. Che siano eredi diretti di Fabrizio De Andrè è risaputo. Questa volta, però, il paragone con Faber e con il cantautorato in senso stretto appare angusto e inopportuno. Perché i Mercanti di liquore nel frattempo sono andati avanti, trovando nell’equilibrio semiacustico della loro musica la chiave per proporsi come portavoce di una umanità in crisi, che cerca nelle proprie radici la possibilità di un riscatto.

Così, il valore dell’amicizia (evocata in Senza titolo), la preoccupazione per le sorti del pianeta (L’uomo che non dorme mai) e un ricordo senza retorica della Resistenza (Nella chiesa di Bellusco, ispirata a un episodio realmente accaduto), possono bastare a contrastare una società travolta dal nulla, schiava del tubo catodico (Il suddito peggiore), del disordine dell’occidente (L’Italia, con la complicità di Marco Paolini, Huntsville, recitativo da spedire all’attenzione dei boia di stato di tutto il mondo) e del paradosso dell’uomo che (forse) è riuscito a sbarcare su di un altro pianeta nonostante le sue contraddizioni (Non siamo mai stati sulla luna).

C’è spazio anche per storie meno universali, legate alle stravaganze di periferia: La semi-automatica è ambientata ai margini della provincia, in un mondo di magnaccia e ladroni senza troppa professionalità. Lo stesso mondo caro a Piero Ciampi, al quale è dedicata La moglie brontolona, canzone talmente contigua all’estetica del cantautore livornese che sembra quasi di essere alle prese con una cover.

Che/cosa/te/ne/fai/di/un/titolo è una perla di rara bellezza. Vivace e sofferente al tempo stesso, può essere paragonata a un’ancora di salvataggio lanciata per difendersi dalla vacuità del nostro piccolo universo. Un disco ispirato e intenso, di qualità e quantità. Dovesse passare inosservato, sarebbe una sconfitta difficile da digerire.

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La recensione Che/cosa/te/ne/fai/di/un/titolo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-06-08 00:00:00

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