Julie's Haircut After Dark, My Sweet 2006 - Lo-Fi, Rock, Psichedelia

After Dark, My Sweet precedente precedente

Da come si presentava la cosa, credevo che questa recensione ai Julie’s Haircut fosse uno di quegli impegni che richiedono un lavoro al di sopra delle mie capacità. Stavo già facendo rifornimento di tisane. Poi ho acceso la solita candela davanti alla foto di Greil Marcus e mi sono fatto una pera di Oblivians, giusto per avere il coraggio di rispondere alle critiche che sarebbero sicuramente arrivate. I Julie’s Haircut ed io abbiamo ascolti e attitudini differenti, il nuovo album si presenta come la loro svolta matura, già mi sta sul culo.

In realtà non è poi così difficile scriverne, meno di quanto pensassi. E devo dire che, da come inizia, mi piace. “Open Wound”, “Sister Pneumonia”, “Afterdark” convincono: psichedelia grezza, dritta, anni ‘90, pieno Sonic Youth solo un po’ più pop. Il salto da “Adult Situations” è alto: “After Dark, My Sweet” è quasi tutto basato su sessions di improvvisazioni, solo 4 pezzi cantati, e tanto cut & paste. La forma canzone JH, un po’ puttana e sempre alla ricerca di nuove influenze, qui o viene abbandonata del tutto, o viene presa nella sua versione più dilatata e “improvvisata”.

Questo e quello precedente vivono sicuramente in età diverse. Non è facile, però, distinguere quale dei due sia l’adolescente e quale il genitore. Primo, perché per me improvvisare non significa univocamente crescere, anzi. “Adult Situations”, per la sua forma così ben definita, è un buon esempio di album con canzoni ben strutturate e mature. Secondo, perché ho sempre ritenuto cresciuti personaggi che giocano ancora ad età più che venerande (vedi Tom Zè, Robert Wyatt, Phil Elverum o i Beastie Boys), ma che riescono, comunque, a produrre ottime cose. Mentre altri se ne stanno tutti rigidi tra il dovere e il vestito che li attesta adulti, continuando a ripetersi, tipo eterni bambini, a proporre poco più di un “nulla di nuovo”, ormai puerile e già sentito.

Se volessi subito trarre le conclusioni direi che i Julie’s Haircut stanno giocando. Se mi chiedeste con cosa, risponderei con il tempo sprecato in studio. Con i Mogwai più rock e meno post (“Liv Ullman”). Con i vecchi Pink Floyd (“Ingrid Thulin”). Con le canzoni alla Kim Gordon (ovunque canti Laura Storchi). E con un modo di fare alla Ulan Bator, ovvero senza dimenticarsi mai del pop. Terrei da parte nomi come Motorpsycho, Spaceman 3, Throwing Muses o Velvet Underground e mi concentrerei su quelli già citati: così sento questo disco. 11 pezzi intriganti e piacevoli al di là dei loro intenti, perché se questo vuole essere un disco di provocazioni l’effetto è che non provoca un cazzo, mentre se vuole essere un disco di canzoni allora è più che riuscito.

“After Dark, My Sweet” è l’unico lavoro dei Julie’s Haircut che riesco ad ascoltare, in bilico perpetuo e dialettico tra quello che è e quello che potrebbe essere e quello che non sarà mai. Un vero disco infantile che da tempo cercavo tra le buste gialle che mi arrivano a casa. Finalmente.

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La recensione After Dark, My Sweet di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-02-06 00:00:00

COMMENTI (33)

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  • utente0 18 anni fa Rispondi

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  • utente0 18 anni fa Rispondi

    questa è psichedelia da geometri...abbastanza orribile.

  • utente0 18 anni fa Rispondi

    Un bel album registrato molto dignitosamente. Ascoltabile in ogni suo pezzo, le jam non annoiano quanto potrebbero. Urlate al già fatto. Si sarà stato fatto. Comunque è in verve con il loro modo di essere. Live rendono un casino e meritano molto di più di quello che stanno ottenendo. Ottimo modo di porsi al pubblico e di diventare prodotto lambendo un mercato che pochi avevano provato e non con questi risultati. Sono supponenti e possono sembrare spocchiosi ma sanno creare un bello spettacolo con un 'muro sonoro' degno di chi gira ora nel genere in cui si sono voluti proporre (vedi The Warlocks ad esempio).
    Ripeto ancora e consiglio: Live accattivante, da vedere.
    Le spillette costano 50 centesimi.

    L'ultima frase era per essere un pò supponente anche io.

    Che belli sti portali d'opinione.

    A voi.

    Alessio

  • mdm 18 anni fa Rispondi

    incredibile.

  • utente0 18 anni fa Rispondi

    esatto.....daccordissimo!

  • mdm 18 anni fa Rispondi

    Ma io non mai ben capito perchè le persone che qui se ne escono con frasi del tipo "chi si credono d'essere?" "sono capace anche io di fare una jam del genere" et etc,bla bla bla...sono invidiose o hanno mangiato pesante o che altro ancora...giuro che non comprendo certi asti che taluni provano nei confronti di determinati gruppi o album o personaggi....i JH (che tra l'altro hanno già dimostrato in passato di essere un fior di gruppo) qui si sono divertiti un pò,hanno messo insieme un album che,vi piaccia o non vi piaccia, sta in piedi ed ha un suo perchè...mi aggiungo anche io alla frase di cui sopra...ma quante cazzate...

  • mdm 18 anni fa Rispondi

    Sono d'accordissimo con te.Giocano ma lo fanno bene.Che poi non abbiano fatto nulla di nuovo o originale chi se ne frega...l'album suona e suona bene...

  • pseudo 18 anni fa Rispondi

    M'era sfuggito. L'ho recuperato ieri, 'sto disco. E m'è piaciuto moltissimo: condivido i termini di Sandro: giocano. Ma nel senso di fare le cose altrimenti o farne di diverse nello stesso modo. Con fini e mezzi alterati. Bello bello.

  • dreamlady 18 anni fa Rispondi

    ma quante cazzate...se il disco è bello, è bello! Non importa se è una jam session o no. l'importante è che sia fatto bene! E questo lo è...

  • faustiko 18 anni fa Rispondi

    ascoltati "fever in the funk house" e poi ne parliamo bello...