Olocombustioni Paniche We have blood inside 2007 - Rock, New-Wave

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L’ostacolo più grande, le Olocombustioni Paniche, lo hanno incontrato in chi suggeriva di cambiare l’ostico moniker per poter uscire. E invece la compagine padovana, affatto recente di formazione (1990!) e quindi non tacciabile di aver seguito un filone aurifero nella New Rock Revolution, ha resistito nella sua originale ditta, sinonimo del fuoco e di una particolare visione totalizzante della natura.

A bruciare in “We have blood inside” è la cravatta nera riproposta con caratteri vividi e poderosi come teorizzava Bowie, sostenuta già all’inizio del disco da un singolo efficace: “Clean face” veste internazionale risparmiando una preghiera per gli Interpol, al contempo preppy e tenebrosa come ai tempi dei neoromantici, buona per il club e il singalong come e più delle tonnellate di vuoti a perdere che usiamo importare da Londra. Nel procedere, il debutto delle “Olo” mostra altri lati seducenti: l’oscuro beat ipnotico della wavey “Free flying objects”, sporcizia torbida temperata da un basso importante, sgelata direttamente dai primi Ottanta. E poi le immancabili ballatone dei duri che hanno due cuori, come “Fire and ocean”, universale e vagamente tardo-floydiana nei modi; le zincature di “Wasted” e l’headbanging coatto cui assoggetta “Diggin’ holes”, fino alle asperità classic rock sfidate nel finale dell’opera con il piglio delle aquile.

Meno marziali, secche e tetragone dei concittadini Red Worm’s Farm, le paniche Olocombustioni trovano proprio con la band di Paul Banks un terreno comune nell’oggi, distanziandosene per la minor tensione al catchy, pur in presenza di pezzi (“Better than me”) che ove riarrangiati sarebbero riempipista in tutte le arene frangettate.

Giocano il ruolo della torre nell’attacco a due punte della matricola Shyrec, con i guizzanti Reflue a sgusciare nei paraggi, ma al di là delle nostalgie e al netto della propensione esterofila tipica di questo Paese, le loro azioni in salita hanno dentro sé il sangue per farsi apprezzare non solo dagli amatori.

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La recensione We have blood inside di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-02-23 00:00:00

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