"These are songs where guitars sound like guitars, words are only words and emotions are trapped between the grooves".
Stiv Cantarelli si è fatto conoscere qualche tempo fa tracciando con i Satellite Inn nuove rotte americane per l'alternative-country nostrano. Adesso ritorna con il secondo album dei Gold Rust, edito per la El Cortez Records di Portland, l'etichetta dei mentori Richmond Fontaine.
I più infoiati avranno già intuito dal nome che questo progetto insegue le orme dei Crazy Horse del primo Neil Young, quel classico rock dall'incedere nerboruto ma flessuoso, carico di vividi e ripetuti assoli di chitarra, midtempo saturi e decisi che profumano di legno invecchiato e imbevuto di alcol (un odore che i Gold Rust devono avere annusato parecchio, in tour per i locali del Grande Ovest).
"Loosing My Mind" è il manifesto del gruppo, 8 minuti di Stream of consciousness per feedback chitarristico, che deragliano l'iniziale calma da blues mattutino del pezzo in un crescendo di avvincenti squarci tempestosi. Così come "Motel Light", diretta e graffiante, con quelle aperture melodiche molto "Easy Rider".
Un album adulto, volutamente ruvido e in presa diretta, un omaggio a certe radici del rock che in Italia mai hanno attecchito: c'è qualche calo, alcuni pezzi si perdono in un limbo di invadente nostalgia ma, nel complesso, il cuore sanguina ancora.
Gli appassionati della Frontiera riavranno i loro giusti spazi.
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La recensione Volume II di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-12-14 00:00:00
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