The Niro The Niro 2008 - Cantautoriale, Rock

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Vivere a Roma, anzi, viverla in questi anni mi ha dato modo di assistere a crescite e involuzioni di vario tipo. Conoscere gente, ascoltare sogni, condividerli ogni tanto, fare scoperte. The Niro è stata una delle più belle scoperte che m’è capitato di fare in questi anni. Appassionarsi come una “piccola fan” è stata una delle più naturali conseguenze. Non sapevo ancora chi era, una sera, prima di un concerto collettivo organizzato grazie a conoscenze maispesiane. Era in un angolo, perso in pensieri insondabili, come nell'attesa di chissà cosa. Quella sera, ascoltandolo, lo sbigottimento fu tale che le mascelle mi rimbalzarono sul pavimento.

A due anni di distanza eccolo alla sua seconda uscita ufficiale, nel giro di pochissimi mesi, per una di quelle “dinosaur-major”, che tra rantoli e annaspamenti, è fortunatamente riuscita a intuire la luce limpida in un diamante, non così grezzo come si potrebbe pensare. Perché per tanti mesi c’è stato lavoro intenso e tasche vuote per il romano Davide Combusti, e passione e amicizia e crederci per Gianluca Vaccaro e Roberto Procaccini: lungimiranti.

Il primo album, omonimo, racchiude un po’ tutto questo, insieme a un pizzico di incredulità: “…I wonder why I’m here…”, dice, chiudendo il suo lavoro; estrapolazione ad hoc.

I più invece ci troveranno le canzoni. Alcune storiche, come “Josée”, che esiste davvero, o “Marriage”, struggente e resa ancor più drammatica rispetto alla versione germinale; e altre di recentissima produzione, ispirazioni che hanno preso forma negli ultimi mesi: “Hollywood” e soprattutto “So Different”, profonda e matura, quasi che già all’interno di questo disco sia ravvisabile la continua crescita di un artista con la testa tra le note, note che spesso sono riuscite a rubare il sonno di chi lo segue da sempre, “colpevoli” quei riff assassini che ti pervadono la mente in maniera ossessiva.

Eloquente in ogni situazione, da quelle in cui sprofondi nei tuoi pensieri cercando di capire dove sta andando la tua vita, per ricaricarti con l’acuto di “Liar”, in balia del vortice sonoro che ti risuona in testa fino al riemergere esplosivo del ritornello, oppure durante un ascolto collettivo, come sottofondo ad una serata tra amici, volume riempitivo tra una chiacchiera e l’altra mentre qualcuno, senza accorgersene si ritrova a canticchiare “Just For A Bit”, giusto per un attimo nel suo andirivieni della chitarra che ti rapisce, è un dato di fatto. “Chi è questo?”, mi si chiede: “E’ di Roma, The Niro. Il disco esce in questi giorni”, “Ma dai?”.

Suona talmente rock in quel cantautorato, che oggi si può definire alternative, attento alla melodia: qui siamo solo di fronte alla “metabolizzazione” della mitologia musicale che parte dalla fine degli anni ’60 e arriva ad oggi, di nobile psych-rock disciolto nell’appartenenza al suono più classico e pulito, e non parlo di produzione, ma di musica che ha consumato puntine di giradischi, assottigliato nastri magnetici, fino all’eterno galleggiare nell’invisibile gel dei cd. Sarebbe facile mettere in lista i nomi aulici che riecheggiano lungo tutto il percorso musicale di questo lavoro, ma per una volta c’é da credere alla sola identità di un musicista.

Eppure fa ancora strano beccarlo sui network radiofonici, sulle riviste patinate, lui che si presenta come la più semplice delle persone con un carico di emozioni che vuol condividere nel modo che gli viene meglio: fare musica.

Non può che essere solo l’inizio per chi l’ascolta per la prima volta.

Splendida continuazione invece per chi ha già fissato queste canzoni come colonna sonora delle proprie avventure al mondo, intendendo la musica come l’unica compagna che non ti tradirà mai.

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La recensione The Niro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-04-14 00:00:00

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