Dietro la maschera: la storia Sir Bob Cornelius Rifo

Dal Lollapalooza a Sanremo, con e senza i Bloody Beetroots: le trasformazioni artistiche di Sir Bob Cornelius Rifo sono innumerevoli, eppure la sua capacità di far ballare migliaia di persone resta immutata.

Simone Cogo vivrà sicuramente attimi quotidiani intrisi di normalità, ma di certo non si annoia per la maggior parte delle sue giornate. Stiamo parlando di quel flusso unico di musica, arte ed attitudine che riconducono al nome di Sir Bob Cornelius Rifo. Una curiosa coincidenza cabalistica l'ha fatto nascere nell'anno che per eccellenza segna la genesi del punk (il 1977), ma la formazione musicale di Sir Bob è nettamente orientata verso i canoni classici, percorso evolutivo che plasmerà un solido background per il musicista veneto, impegnato ad autoprodursi i primi singoli sotto il nome di “Bob Rifo's Gang” quando ancora faceva il magazziniere nell'azienda di famiglia.
Alla fine del 2006, fonda The Bloody Beetroots, nome d’arte e formazione che nel giro di due anni spopola all'estero riuscendo a declinare l'imperante french touch in suoni acidi da rave, e conquista, grazie al primo EP “Cornelius”, anche i favori della critica nostrana.

“E proprio l’eredità della generazione che ha fatto tremare pochissimo tempo fa le colonne del rock’n’roll ritorna nei remix del duo mascherato da Venom. In tre parole: The Bloody Beetroots” (2008)

Una tale ascesa artistica catalizza l'interesse della statunitense Dim Mak Records verso Sir Bob, che firma un contratto con l'etichetta gestita da Steve Aoki, a sua volta producer, a sua volta nato nel 1977 e fondatore della casa discografica poco meno che ventenne, ancor prima di iniziare il college. Tutto è pronto per il primo disco di Beetroots, che viene pubblicato il 25 ottobre 2009: "Romborama" è uno schiaffo in faccia lungo settanta minuti, arricchito di collaborazioni che trascendono la musica elettronica (c'è l'hip-hop dei Cool Kids e la New Wave di J*Davey, solo per citarne un paio) e consacrato dall'iconica copertina creata dal leggendario Tanino Liberatore (di cui Bob Rifo è autentico estimatore). Il risultato? Oltre due milioni di copie vendute nell'intero globo terrestre e la seria impressione che dall'Italia fosse arrivata la next big thing della musica elettronica. 

“Questo disco è pesante come una cassa di birra da 21 sbattuta sull'asfalto che scoppia in mille vetri taglienti. È un bungee jumping dal tetto di una discoteca post industriale di Berlino, sporchi di alcool appiccicoso sui vestiti” (2009)

Ma il genio creativo di Sir Bob è inarrestabile: proprio al culmine del progetto DJ Set (formazione che ha regalato a Bloody Beetroots esibizioni a festival di caratura planetaria come Coachella e Lollapalooza) si concretizza l'idea di trasformare l'approccio da music selector in esibizione dal vivo, sfogando liberamente la mai troppo nascosta attitudine hardcore-punk; da questo concept, il 2010 segna il passaggio ufficiale a The Bloody Beetroots – Death Crew 77, power trio impreziosito, nel giro di pochi mesi, dall'ingresso live alla batteria di Jacopo Battaglia (con lo pseudonimo di Battle), musicista che vanta a curriculum quindici anni di militanza con gli avanguardisti del jazz Zu e gli Ardecore. Tutto è pronto per la nuova creatura, per spingere ancora più lontano i confini musicali di un progetto ben radicato ma che rifiuta qualsivoglia tipo di cristallizzazione: “Church of Noise” è il singolo che apre l'anno 2012, ma soprattutto è una chiamata al “rito della dancefloor”, come un'autentica chiesa basata sulla sacra distruzione ed anarchia. L'icona punk Dennis Lyxzén (Refused) ci mette la voce e scrive i testi, Tommy Lee partecipa in alcune date: sono le prove generali per il secondo album in studio firmato The Bloody Beetroots, intitolato "HIDE" e, come di consueto, infarcito di collaborazioni. Oltre agli artisti citati poc'anzi, ad arrichire le produzioni di Sir Bob vengono arruolati Peter Frampton, Sam Sparro, Youth (Killing Joke) ed uno che è stato investito della carica di Sir dalla Regina d'Inghilterra in persona: Paul McCartney.

“Hide è una sorta di bridge temporale tra la musica del passato e questa musica del presente. Vuole dare un’estetica futuribile alla musica” (Sir Bob Cornelius Rifo, 2012)

Un disco fuori da ogni canone e categoria, per un artista che sovverte e sconvolge puntualmente gli equilibri circostanti: la sua creatura principale (The Bloody Beetroots, ovviamente) per l'occasione diventa una e trina proponendo DJ Set, 77 Death Crew e Live. Il fine ultimo, a dirla tutta neanche troppo velato, è sempre lo stesso dal 2006: far ballare, divertire, sudare e pogare i fan di una realtà che prende l'elettronica, ne abusa fino a distruggerla per poi curarne le ferite e farla ricrescere carica di rabbia ed energia.
In un contesto del genere, quale potrebbe essere il prossimo passo, partecipare alla kermesse musicale più seguita nella tua nazione d'origine? Sì: Bob Rifo a febbraio 2014 entra nel gotha del pop italiano partecipando a Sanremo insieme a Raphael Gualazzi, e di conseguenza, manda in crisi mezza editoria nazionale che ci capisce poco e nulla di Simone Cogo, fra pseudonimi, progetti musicali multisfaccettati e copia-incolla da Wikipedia. Le proposte “Tanto ci sei” e “Liberi o no” piacciono, quest'ultima sale sul podio e sfiora la vittoria finale conseguendo un onorevolissimo secondo posto: unire soul e ritmiche ossessive è l'ennesima sfida vinta, piazzando una bandiera anche nella città dei fiori.

“Viviamo Sanremo come una grandissima festa, vincere o meno non è importante, ma l'importante è portare qualcosa di nuovo: un crossover che non si è mai visto a Sanremo” (Sir Bob Cornelius Rifo, 2014)

Meno sbagli, meno hai voglia di fermarti: l'artista assume sempre più le sembianze di una potente cascata, poche pause e tante produzioni, alcune rilasciate in free download perché la lista di collaborazioni è lunga e mira a diventare infinita, nel senso più concreto del termine. Poi l'ennesima pagina nuova, caratterizzata dai colori bianco, nero e rosso: nell'ultimo anno cresce il progetto sperimentale elettronico SBCR, che possono ricondurre alle iniziali di Sir Bob Cornelius Rifo ma anche significare Saint Bass City Rockers. Il concept ideologico è potente ed accompagnato da un manifesto, politica della piena apoliticità ma, al contempo, della dedizione totale alle arti: SBCR è totalmente focalizzato sull'esplorazione della musica elettronica e sperimentazione di un linguaggio traversale alla musica, moda, fotografia e citazioni iconografiche. Sessioni con ospiti d'eccezione non mancano, e nei tre volumi finora pubblicati i brani inediti gravitano fra dubstep, funk, glitch ed immersioni deep: Bob Rifo è il maestro di cerimonie, intorno a lui all-star team con i piedi piantati nel presente ma la chiara intenzione di scrivere la musica del futuro.

“SBCR è importante perché crea un certo tipo di umanità tra me e la folla: io li incito, li provoco. Esco dalla console e urlo al microfono. Alcune volte mi dilungo talmente tanto che mi accorgo che il disco sta per finire, ma sono troppo lontano dal mixer per riuscire a fare partire in tempo la traccia successiva… ma non me ne frega niente” (Sir Bob Cornelius Rifo, 2015)

L'immaginario che Sir Bob Cornelius Rifo è capace di plasmare è arte allo stato puro: cita avanguardie come futurismo e dadaismo, ricerca la totale distruzione finalizzata alla creazione di qualcosa di nuovo e postula una contro-cultura in opposizione alla superficialità quotidiana. Fuzz è la parola che meglio esprime SBCR, un suono distorto per chitarra che da solo racchiude l'intera estetica del progetto, fuori dagli schemi ma elegante, impeccabile nella sua lucida follia e perfettamente bilanciato negli elementi visivi ed uditivi. Forse abbiamo a che fare con la più sincera e trasparente manifestazione della personalità di Simone Cogo, che lontano dal palco è convolato a nozze con Levante; io ci trovo l'ennesimo messaggio forte, un mix esplosivo che può aprire chissà quali altre ramificazioni nei campi della musica.

Per i live di Bloody Beetroots ci sarà tempo, l'emblematica maschera che ricorda l'anti-eroe per eccellenza Venom (più una casualità che un riferimento voluto) avrà modo di riposare fino al 2017: intanto, godiamoci al MI AMI Festival il nuovo volto che nasconde Simone e mostra le nuove diavolerie di Sir Bob Cornelius Rifo.

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L'articolo Dietro la maschera: la storia Sir Bob Cornelius Rifo di Giandomenico Piccolo è apparso su Rockit.it il 2016-05-13 11:36:00

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