La storia è passata di qui

La storia è passata di qui

Il Talos a Ruvo di Puglia, l'Europa Jazz Festival a Noci: grazie alla dedizione di artisti e "agitatori culturali" come Pino Minafra e Vittorino Curci dal barese sono passati artisti sensazionali. Facendo avvicinare al genere tantissime persone

Luoghi, eventi e persone. Sono tre ingredienti fondamentali quando si parla di musica, ancora di più quando quella musica non è fatta per le masse, il suo consumo non è facile e superficiale. Per proliferare e stratificarsi il jazz pugliese, e quello barese in particolare, si è potuto basare su tutti e tre questi ingredienti. Mischiati a dovere.

Una persona fondamentale è Pino Minafra... e famiglia (ancora una volta questa caratteristica per il suono pugliese!). Minafra nasce nel 1951 a Ruvo di Puglia, studia al conservatorio Niccolò Piccinni a Bari e sotto la guida del grande Nino Rota si avvicina alla tromba. Inizia presto a suonare in giro per il mondo, con la sua band Praxis, da solo e in varie formazioni: Pino Minafra Quintet, Sud Ensemble, Meridiana Multijazz Orchestra, Canto general e La Banda (importantissimo il suo lavoro sulla riscoperta delle bande cittadine). Ancora oggi la sua attività è instancabile, e portata avanti anche dal figlio Livio – compositore e pianista vincitore tra le altre cose premio Top Jazz per tre volte, oltre che docente di Jazz al conservatorio di Bari – e dalla moglie Margherita Porfido, clavicembalista di grande fama. 

Sempre dal festival di Noci, nel 1990
Sempre dal festival di Noci, nel 1990

Alla sua terra, Pino Minafra ha dedicato tutta la sua attività, e in particolare album come Colori (1986), Sudori (1995) e Terronia (2005). Ma oltre a suonare, è stato il fondatore nel 1993 e il motore per tantissimi anni di Talos, festival che ha portato il meglio del jazz in una realtà periferica (e molto bella) come Ruvo. Le sue parole su quest'esperienza, e sul suo ruolo in essa, descrivono molto il momento in cui la musica diventa una "missione" e le difficoltà, mai cambiate, di chi si sbatte per fare le cose. "Detesto organizzare", scriveva anni fa Pino in una lettera. "Non sono nato organizzatore. Sono un musicista e morirò tale. Detto questo organizzo da 20 anni nella mia terra perché penso che l’amore nei confronti di questa musica necessiti di una risposta viva e concreta. Detto anche questo va aggiunto che per realizzare questi progetti si paga un prezzo altissimo psicologicamente, fisicamente, e non da ultimo economicamente. Tuttavia paradossalmente la violenza quotidiana che si subisce, i problemi con i quali devi confrontarti, la timidezza, i pudori, gli ideali e le insicurezze che a volte ti si ritorcono contro, se non ti schiacciano (facendoti crepare) ti rafforzano come persona. Caricarsi la croce dell’organizzatore significa fare un viaggio nella vita a 360° e pertanto non unicamente un viaggio nella musica. È un’opportunità preziosa per crescere come essere umano e per vivere massimo la propria esistenza".

Organizzo da 20 anni nella mia terra perché penso che l’amore nei confronti di questa musica necessiti di una risposta viva e concreta

Assieme a Talos, a Noci, sempre nel barese, Minafra è stato tra i promotori anche dell'Europa Jazz Festival nel 1989, un vero laboratorio laboratorio musicale. Assieme a lui c'è sempre stato Vittorino Curci, un'altra figura che ha fatto davvero molto per la musica pugliese e il jazz in particolare.

Oltre che un sassofonista di "musica improvvisata", Curci (nato a Noci nel 1952) è un poeta molto apprezzato anche all'estero, nel ’99 ha vinto il Premio Montale nella sezione “Inediti”. Nella vita ha sperimentato in ogni tipo di linguaggio, dalla scrittura alla musica e al cinema. Agitatore culturale, si è cimentato anche con l'amministrazione, come sindaco del Comune di Noci e assessore alla Cultura della Provincia di Bari. È la persona giusta per allargare il discorso al ruolo degli organizzatori, e a cosa possano e debbano fare le istituzioni per la musica. 

Jazz davanti alla cattedrale di Ruvo, foto di Diego Amenduni
Jazz davanti alla cattedrale di Ruvo, foto di Diego Amenduni

Che ricordo hai degli anni della tua formazione: com'era essere un aspirante musicista in Puglia allora?  

Nei primi anni '70 andai a studiare pittura all'Accademia di belle arti di Roma. E lì mi resi conto che pur avendo vissuto fino ad allora in un paese la mia formazione culturale era abbastanza solida. Ma penso che questo, in generale, è un fatto che ha caratterizzato tutta la mia generazione. Affamati di conoscenza, noi leggevamo un libro dietro l'altro, andavamo quasi tutti i giorni a cinema e ascoltavamo tanta, tantissima musica. Ho cominciato a suonare la chitarra a quindici anni, poi è nata la passione per il jazz grazie ai Weather Report e ai Soft Machine. Il mio idolo divenne subito John Coltrane (lo è tutt'ora). È stata la sua musica a farmi amare il sassofono. È da lì che è cominciata la mia avventura musicale.

E oggi? Che posto è la Puglia per un giovane musicista?

Negli ultimi decenni le cose sono cambiate moltissimo. Oggi c'è è una forte omologazione culturale che spinge il gusto del pubblico sempre più verso il basso. Ciò nonostante la Puglia, con i suoi festival, le sue rassegne, con i suoi artisti di prima grandezza nella scena nazionale e internazionale, resta ancora una terra che offre molte occasioni di crescita ai giovani musicisti.   

Pino Minafra e la Banda nel 2018
Pino Minafra e la Banda nel 2018
         

A che livello è giunta la scena jazz pugliese? 

Mi sembra giusto fare subito una precisazione: io qui intendo il termine "jazz" in un'accezione molto ampia che comprende sia il jazz più canonico (che per me va da Louis Armstrong a Ornette Coleman) sia le varie forme di musiche improvvisate del nostro tempo. Detto questo, il mio giudizio sulla scena jazz pugliese è senz'altro positivo, nonostante il clima generale di declino che in questi ultimi tempi stiamo vivendo non solo in Italia ma in tutto l'Occidente. Negli anni '70 tutti conoscevano Miles Davis. Se oggi ci fosse in giro un artista di pari grandezza credo la sua musica resterebbe appannaggio di pochi, non andrebbe insomma al di là della piccola nicchia. Penso tuttavia che il jazz in Puglia, avendo radici antiche, riuscirà a sopravvivere anche in condizioni difficili come quelle attuali.

Ci fai qualche nome fondamentale?

Venendo ai nomi, potrei fare un elenco di almeno 300 validissimi musicisti pugliesi. Mi limito qui a ricordare quelli che per ragioni affettive o di poetica sento a me più vicini: Roberto Ottaviano, Pino e Livio Minafra, Marcello Magliocchi, Nicola Pisani, Felice Mezzina, Franco Angiulo, Antonio D'Ambrosio, Vincenzo Mazzone, Nico Marziliano, Vito e Nando Di Modugno, Vincenzo Mastropirro, Donato e Gianni Console, Francesco Massaro, Valerio Fusillo, Pierpaolo Martino, Adolfo La Volpe, Mariasole De Pascali, Walter Forestiere, Loredana Savino, Giuseppe Amatulli, Camillo Pace, Marialuisa Capurso, Livio Bartolo, Cesare Dell'Anna, Antonio Di Lorenzo, Giuseppe Tria, Gianna Montecalvo, Gaetano Partipilo, Gianluca Petrella, Mirko Signorile, Giorgio Distante, Davide Penta, Leo Gadaleta, Vince Abbracciante, Admir Shkurtai, Giorgio Vendola, Enzo Lanzo, Vittorio Gallo, Giacomo Mongelli, Pasquale Gadaleta, Pablo Montagne, Nicola Puntillo, Gabriele Panico, Giuliano Di Cesare, Carlo Mascolo, Roberto Gagliardi, Michele Ciccimarra, Vito Maria Laforgia, Stefano Luigi Mangia, Giuseppe Valzano, Domenico Saccente, Marco Malasomma, Luca Antonazzo, Gianni Vancheri, Marta Gadaleta, Giuseppe Pascucci, Chiara Liuzzi, Giancarlo Pirro, Gaetano Corallo, Giovanni Cristino, Giacomo Eramo, Vincenzo Antonicelli, Valter Maselli, Marco Pennelli, Giovanni Modugno, Aldo Di Caterino, Enrico Le Noci, Egidio Gentile, Pietro Corbascio, Simone Basile, Andrea Esperti, Simone De Venuto e altri che sicuramente dimentico.

Ernst Reijseger all'Europa Jazz Festival nel 1990. Scatto di Cosmo Laera, docente di fotografia all'Accademia di Brera
Ernst Reijseger all'Europa Jazz Festival nel 1990. Scatto di Cosmo Laera, docente di fotografia all'Accademia di Brera

Un'ottima enciclopedia del jazz pugliese, grazie! E al di là degli artisti?

Per quanto riguarda i locali segnalerei il Duke Jazz Club di Bari e il Caffè 79 di Ruvo. Concerti interessanti vengono proposti anche dalla Stanza dell'Eco di Bari, dal Fondo Verri di Lecce e dalle Lezioni aperte sulla cultura pop del Dipartimento di ricerca e innovazione umanistica dell'Università di Bari. Per le etichette invece i primi nomi che mi vengono in mente sono la ormai storica Auand del mio amico Marco Valente, la salentina Dodicilune e la Angapp di Corato.     

In cosa riesce a differenziarsi nel mondo, il jazz pugliese?

Nella storia ormai secolare del jazz in Italia i musicisti pugliesi hanno avuto sempre un ruolo di primo piano. Basti pensare a quei veri e propri pionieri che sono stati il banjoista Michele Ortuso di Monte Sant'Angelo, il sassofonista (e mio compaesano) Vito Morea, il trombonista Potito Simone di Ascoli Satriano, il contrabbassista Michele D’Elia di Francavilla Fontana, il chitarrista Cosimo Di Ceglie di Andria e il pianista barese Bruno Giannini che fu solista con Gorni Kramer. Se guardiamo il fenomeno nel suo complesso, credo che una funzione importante in Puglia l'abbia avuta la tradizione delle bande da giro, che hanno sfornato in passato un gran numero di strumentisti a fiato. E proprio in relazione al background storico, sociale e culturale fornito dalle bande, se dovessi indicare un aspetto peculiare e imprescindibile del jazz pugliese sottolineerei senz'altro il primato della melodia.    

Come nasce un festival di successo in questo ambito, e come lo si porta avanti nel tempo?

L'Europa Jazz Festival di Noci è nato nel 1989 e, tra non poche difficoltà e con un paio di interruzioni, è andato avanti fino al 2000. Dal 1989 a 1993 l'ho diretto insieme al mio amico Pino Minafra e con il sostegno economico personale del senatore socialista Nicola Putignano e di alcune aziende locali. L'idea centrale del festival era quella di dare spazio alle musiche meno convenzionali e di ricerca. Quindi, molta musica improvvisata. Tranne Derek Bailey, che non amava esibirsi su grandi palchi, si può dire che tutti i nomi storici del jazz europeo, e non solo europeo, sono passati da Noci. L'elenco sarebbe lunghissimo. È stata un'esperienza esaltante da diversi punti di vista. Se il mercato musicale in quegli anni aveva già scelto la direzione in cui andare, noi andavamo nella direzione opposta. Alla musica di intrattenimento noi contrapponevamo una musica d'arte. E il bello è che siamo riusciti anche a creare un nostro pubblico che ha continuato a seguirci anche quando il festival ha cessato di esistere. E la dimostrazione è che dal 2000 a oggi abbiamo continuato a offrire a questo pubblico di aficionados centinaia di concerti di musica improvvisata. Da questo punto di vista potrei dire che il festival a Noci non è mai morto. 

Steve Lacy e Shiro Daimon all'Europa Jazz Festival nel 1992. Scatto di Cosmo Laera, docente di fotografia all'Accademia di Brera
Steve Lacy e Shiro Daimon all'Europa Jazz Festival nel 1992. Scatto di Cosmo Laera, docente di fotografia all'Accademia di Brera
       

In anni di rassegna, qual è il concerto che più ti è rimasto nel cuore?

Ne avrei davvero tanti, ma ne scelgo uno che è rimasto nella memoria e nel cuore di tanti: il concerto, nel 1990, del geniale compositore e pianista russo Sergey Kuryokhin (una specie di Frank Zappa di San Pietroburgo, che allora si chiamava Leningrado) il quale con i suoi Pop Mekhanika coinvolse in una straordinaria performance vagamente futurista la banda musicale di Rutigliano, il gruppo folk di Noci, una mucca che portai io stesso sul palco e un gran numero di musicisti  italiani e stranieri. Un momento davvero indimenticabile. Kuryokhin morì per una rara malattia cardiaca nel 1996 quando aveva 42 anni. Nel 2001 l'etichetta SoLyd Records di Mosca pubblicò il live di quel concerto in un doppio cd: " Sergey Kuryokhin, Italy - Pop Mechanics in Noci”.  

Quale deve essere il ruolo di un amministratore locale per favorire la cultura (anche quella meno mainstream)?

Oggi la politica è fondata sul consenso, ha perso ogni funzione direzionale e pedagogica. Quindi è difficile trovare amministratori locali che vogliano realmente favorire la cultura. Tuttavia non bisogna disperare. Ci vuole soltanto un po' di coraggio. Oltre a quello che passa il convento (che quasi sempre è sottocultura prodotta da tv e social media) bisogna creare degli spazi non strettamente consumistici. Basterebbe pensare le cose in una prospettiva più lunga e non dimenticare mai ciò che diceva Dante: "fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza." 

fascetta credits puglia
A cura di Dario Falcini Testi: Dario Falcini, Vittorio Comand Grafiche: Giulia Cortinovis Sviluppo: Giulio Pons, Alex Carsetti