Nokeys - via Mail, 04-05-2009

Sonorità scure, echi new wave. I Nokeys vengono da Parma, sono uno dei gruppi che più ci hanno colpito ad inizio anno. E' uscito "The regency", il loro primo disco, e a registrarlo è stato lo svedese Stefan Boman (già al lavoro con gli Hellacopters). Suoneranno a MI AMI, Margherita di Fiore li ha intervistati.



Partirei dal presente più immediato: cosa avete fatto ieri sera?
Ieri sera eravamo a Galway, Irlanda. Abbiamo visto un concerto: la band si chiamava No Banjo… pensa che combinazione.. Nokeys, Nobanjo (scusa, la battuta). Eravamo in un locale bellissimo, il Roisin Dubh, dove speriamo di suonare presto. Il motivo principale del viaggio è stato infatti cominciare ad organizzare qualche data irlandese insieme ad una band di Cork, i Fred, con cui abbiamo già fatto qualcosa in passato. Vedremo, tutto sembra promettente.

Come nascono i Nokeys?
I Nokeys nascono quando Rico e Luca, che già lavoravano insieme da anni, incontrano i fratelli Bonzo e Gatto. E' amore a prima vista. Insieme abbiamo attraversato un momento più pop, mentre cercavamo di delineare le traiettorie possibili della nostra strada, ma poi è inevitabilmente emersa la nostra vera natura. Non rinneghiamo quello che abbiamo fatto prima, perché in qualche modo ci ha portato a diventare, nel bene e nel male, quello che siamo adesso. Più precisamente, tutto quello che abbiamo fatto ci ha aiutato a capire quello che NON siamo. Per capire quello che siamo ci vorrà ancora un po'.

Vi ispirate in maniera manifesta a tendenze musicali post punk e tipicamente eighties: quali sono i vostri punti di riferimento? Ce ne sono anche nel panorama attuale?
Ancora prima che un'ispirazione musicale, il post punk e certi anni ottanta costituiscono un'atmosfera che pervade il nostro progetto. Gli anni ottanta vengono spesso liquidati come un momento di merda musicale diffusa, senza fare distinzioni. In realtà tanta musica del periodo è davvero figlia del punk, come ispirazione e approccio. E' questo che ci interessa di più, credo… un approccio che rifiuta i compromessi. Prendi certi testi di Morrissey per gli Smiths… è roba che è sempre in bilico con il kitsch e il melodrammatico, ma che (il 90 per cento delle volte) riesce invece a convincere, a essere sincera. E senza per forza dover ricorrere all'ironia. Vaffanculo l'understatement: se qualcuno sente il bisogno di parlare di roba intensa, beh, che lo faccia. Verrà ascoltato da chi ne ha voglia, ma non deve certo sentirsi in colpa perché lo fa. Insomma Margherita, noi nella vita non ci prendiamo affatto sul serio. Ma l'ironia preferiamo lasciarla fuori dalle canzoni. Non c'è poi molto da ridere… Dicevamo, influenze: i già citati Smiths, i Depeche Mode, assolutamente i Joy Division, ma anche i Cure, i primi U2, Johnny Cash, Iggy pop potrei andare avanti un bel po'… Arrivando in tempi più recenti è ancora più difficile… Io ascolto gli Editors, i White lies, gli Interpol, ma non credo che nessuna di queste band abbia un'influenza preponderante su di noi. Anche perché agli altri non piacciono…

Qual è lo spunto primario che ha dato vita a "The regency"?
"The regency"… le reggenze sono momenti di passaggio tra un regno e l'altro. In genere sono momenti difficili, duri, che si portano dietro elementi del vecchio e cicatrici che andranno a formare il nuovo. Gli ultimi anni sono stati per noi, dal punto di vista personale e professionale anni duri. "The regency" è quindi una somma di questo passato e un'apertura al futuro. Abbiamo scelto infatti di chiudere il disco con "Morning", le cui ultime parole sono "There is hope for you and me", scegliendo quindi di credere nel cambiamento. "The regency" è senz'altro un disco scuro, ma a noi piace pensare che sia un disco di reazione, e non tanto di abbandono. Il dolore va accettato, ma guai a crogiolarsi nel dolore o nel malessere. Va accettato, e quindi superato.

Nelle vostre liriche si alternano l'inglese e l'italiano, spesso anche all'interno dello stesso brano: come mai questa scelta?
Tutto il disco è nato all'insegna del cambiamento. E quindi perché non cambiare anche lingua? L'inglese poi, come si sa, è una lingua molto più facile da trattare in musica rispetto all'italiano… In più forse è più facile trattare certi argomenti in una lingua che non è la tua. E' come se ci fosse un filtro, e quindi è più semplice vincere certi pudori quando affronti tematiche personali. In certi pezzi l'alternare l'una lingua all'altra è semplicemente venuto spontaneo. Speriamo solo che, con tutto il rispetto, l'effetto non sia quello di certe canzoni di Zucchero.

Com'è stato lavorare con Stefan Boman (già al lavoro con gli Hellacopters, NdR)?
Stefan è una persona favolosa. Come molti svedesi, è riservato ma estremamente amichevole e pronto al contatto umano. Ci ha guidato fin dal primo momento in modo comprensivo, ma sempre fermo. Come noi, aveva le idee molto chiare su come il disco avrebbe dovuto suonare. Pur avendo una grande esperienza, è giovane (ha 35 anni credo) e questo ha senz'altro aiutato il formarsi di un rapporto molto diretto e schietto. Dopo avere preso i primi contatti per capire se potesse interessargli lavorare con noi, abbiamo deciso di chiedergli di venire in Italia a conoscerci. Per noi il lato umano è essenziale. Appena l'abbiamo incontrato abbiamo capito che le cose sarebbero andate bene. Non so come spiegartelo, ma sai anche tu che a volte con certe persone scatta qualcosa. E per noi questo qualcosa era fondamentale, visto che eravamo in procinto di mettergli cuore e anima nelle mani. Durante le settimane di lavoro insieme siamo diventati ottimi amici e abbiamo anche trascorso le vacanze di Pasqua insieme. Essendo tutti estremamente immaturi, ci facciamo sempre scherzi complessi e articolati (l'ultimo giorno di mix gli abbiamo avvolto la macchina in oltre 80 metri di carta di alluminio). Ha persino accettato (rischiando il divorzio) di farsi crescere, come noi, i baffi per tutta la durata della lavorazione. Alla fine del mastering sembravamo cinque imbecilli.

Avete registrato il vostro album in Italia, mentre le fasi finali di lavorazione si sono svolte a Stoccolma. Parlatemi di questa esperienza.
A volte una band, per completare quel percorso di cambio di cui stiamo parlando, ha bisogno anche di un luogo nuovo, di un movimento anche geografico. Stoccolma per noi ha rappresentato proprio questo, un bagno in un'atmosfera completamente sconosciuta. E' una città dalla personalità molto forte e il suo freddo e la sua bellezza sono sicuramente presenti nel disco. Abbiamo anche girato lì parte delle riprese del video di "Eyes of riot" (in questi giorni è in fase di montaggio). Ci interesserebbe molto provare a conquistare la Svezia, e stiamo cominciando a muoverci per trovare concerti e un'agenzia di booking per il nord Europa.

Quali sono i contenuti essenziali della vostra musica? Possiamo parlare di un estro oscuro?
Estro oscuro… suona davvero bene. I contenuti, come dicevamo, sono strettamente collegati a chi siamo e a quello che viviamo nel momento in cui scriviamo. Se vivi un momento difficile, è inutile far finta di niente e scrivere di quanto sia bello l'amore. E viceversa, si intende. Solo se ti esponi davvero il messaggio (forse) arriva. Chi ascolta capisce in un secondo se fai sul serio.

Vi ispira di più l'amore o la rabbia?
Bella domanda… sono due elementi molto presenti nel disco. E che spesso, scusa la banalità, non possono prescindere l'uno dall'altro. Dovendo però scegliere direi la rabbia. O forse l'amore, boh… fai tu.

Pensate che la new wave sia ancora attuale?
Non ce lo siamo davvero mai chiesto. Ci siamo arrivati non attraverso un percorso studiato a tavolino, ma naturalmente. Sicuramente è attuale per noi, adesso. Se smetterà di esserlo, sicuramente evolveremo in qualcosa d'altro.

Quanto contano per voi le recensioni del vostro album?
Chi ti risponde che "le recensioni non contano niente, e che si suona per se stessi" mente. Si scrive, ci si esibisce, ci si denuda in pubblico per provocare una reazione e quando la reazione è negativa – o, peggio, non c'è proprio - non fa piacere. Le recensioni sono parte del gioco e le accettiamo, anche quelle negative. Crediamo in quello che facciamo, e i pareri negativi non ci fanno di certo tornare sui nostri passi. Detto questo, finora le recensioni sono state piuttosto buone. A meno che non ci stronchiate su Rockit

Com'è la realtà musicale di Parma? Ci sono opportunità per un gruppo emergente?
Terribile. No, non ci sono opportunità. A parte pochissimi locali (e ci teniamo a menzionare l'Onirica) le band che propongono un repertorio originale o che non riescono a entrare in certi giri, hanno possibilità zero. Purtroppo non è certo una novità e non è limitata alla nostra città. Noi abbiamo di recente lasciato un'agenzia di booking e, mentre ne cerchiamo una nuova, stiamo cercando di organizzare date autonomamente. Abbiamo scritto, telefonato e mandato non so quanti tra cd, pacchi, schede stampa e email… anche ottenere tre righe con scritto "non ci interessa" è un'impresa.

Sareste disposti per denaro e notorietà a fare tutt'altro genere di musica?
Come dicevamo, abbiamo capito chi non siamo, quindi la risposta è no. Per denaro e notorietà saremmo però disposti a svariate altre azioni criminali.

Siete pronti per il MI AMI?
Chiaro che sì. E' una bellissima occasione e faremo del nostro meglio.

Come vi immaginate tra vent'anni?
Preferiamo non immaginarci, non crediamo sarà un bello spettacolo.

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L'articolo Nokeys - via Mail, 04-05-2009 di margherita g. di fiore è apparso su Rockit.it il 2009-05-08 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • pietro 15 anni fa Rispondi

    e io mi bullo di aver potuto suonare con Gianluca!