Cardiophobia Cardiophobia 2011 - Rock, Indie, Alternativo

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Tra molteplici influenze, il rock dei Cardiophobia racconta amore e nichilismo. Un pugno nello stomaco. Un disco bellissimo.

Tanto più due esseri si avvicinano tra loro, tanto più aumenteranno le probabilità che si feriscano a vicenda. È il concetto freudiano di dilemma del porcospino. In una condizione simile, i Cardiophobia producono un album omonimo dai contenuti punk, tra nichilismo e sfiducia nei rapporti umani, e dalle sonorità oscillanti tra leggerezze pop e ruvidità sporche di rock.

Più volte accostati ai Verdena, se ne distanziano in primo luogo nei testi, meno contorti, di certo più curati e meritevoli di nota. Solo in alcune tracce (“Settembre”, “2.57 a.m.”) affiorano somiglianze sonore con il trio, rispetto a cui i Cardiophobia dimostrano un maggiore interesse a scandagliare quei paesaggi oscuri dell'animo degni degli amori malati dei personaggi dei romanzi di Palahniuk. Un'estremizzazione grottesca e amara di situazioni universalmente condivisibili, forti come i contrasti del bianco e nero in copertina

Le influenze (tante, troppe?) non privano la band di una personalità prorompente, che emerge fin dalla prima traccia dell'album, il cui ritornello non lascia scampo, aggrappandosi all'ascoltatore in modo deciso. Si attraversano momenti retrò, con il groove del singolo “Come quando piove”. La titletrack ha l'energia struggente di “Muscle Museum” dei Muse, con cui condivide anche qualche lieve somiglianza nell'arrangiamento.

Basso e batteria descrivono i battiti e le aritmie di un cuore malato a cui è possibile rivolgersi in un solo modo: “La fiamma che lui porta / ha spento me” (“Fiamma”). Fino all'esplosione finale, con la rabbia strappata ai Misfits in “Dolce superstar”. Un pugno nello stomaco. Un gran bel disco.

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La recensione Cardiophobia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-02-07 00:00:00

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