Psichic Virus 2001 - Noise, Elettronica

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Veicolato da una busta handmade davvero essenziale, ma denotante del non comune buon gusto, “Virus” è il prodotto dell’interazione uomo-macchina, come sempre più spesso accade grazie alle opportunità offerte dall’home-recording.

Rispettando la norma della quasi esclusività del rapporto uomo-macchina, dietro al pseudonimo Psichic ci sono una sola mente e un solo corpo, che si propongono di attribuire una ragione al proprio sporadico cazzeggio casalingo lontano dalla sala prove abitualmente frequentata. Un cazzeggio senza troppe ambizioni né pretese, come ci comunica il diretto interessato, e in effetti è difficile contraddirlo. Anzi, personalmente ho l’impressione che si tratti di uno studio esplorativo delle potenzialità del proprio sistema, dato che le singole tracce sono mediamente molto brevi, talune prematuramente tronche (vedasi “Tranquil”), spesso prive di dinamiche: ciascune di esse si erge su un loop di batteria di ottima resa su cui vengono innestati rumori elaborati e talvolta una chitarra effettata. Il problema è che la chitarra molestata è un po’ cruda e rugginosa e rischia, contrariamente a quanto si dice, di bagnarsi ripetutamente nelle stesse acque (“S…..@…..” e “I’m somewhere”). Inoltre non di rado chitarra e loop di batteria non riescono ad amalgamarsi, articolandosi su due livelli stagni in cui la chitarra, paradossalmente, risulta molto più artificiosa della batteria.

Con i rumori va decisamente meglio: laddove la chitarra tace si percepiscono miglioramenti, pur non esentandosi da rischi. Ciascuna fonte campionata è decostruita al punto tale da ridursi a ronzii in linguaggio macchina, disturbi elettromagnetici modulati in diverse maniere, scariche elettrostatiche riverberate, implosioni circuitali preparando il terreno al minaccioso spettro della ripetitività. Ciò nonostante l’iniziale “Ain’t” – che pare il pezzo forte della demo – è caratterizzato da una buona dinamica e da squarci rumorosi che mi ricordano la “Mieux: de corrosion” dei Sonic Youth più indigesti: opportunamente corretta mi sembra congeniale per un dancefloor un po’ eccentrico. Degna di nota anche “Acid” che si sottrae alla staticità delle tre tracce che la precedono, semplicemente rimescolando tutti gli ingredienti a disposizione, altrove presentati in forma pacchetto (sotto vuoto), e la conclusiva “One Moment” dove si ha la sensazione che due piccì stiano dialogando – in rima magari – su una base hip hop rallentata.

In buona sostanza “Virus” rivela buone intenzioni e ottimi groove di batteria di scuola Dj Shadow, ma assurti quest’ultimi a tratto distintivo di ogni traccia (1loop=1traccia), dato che i rumori raramente si ritagliano il giusto spazio, si rischia di cadere nella noia. E alla luce del parco minutaggio della demo, non può non essere un problema.

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La recensione Virus di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-03-11 00:00:00

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