Estra Nordest cowboys 1999 - Rock

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"Nordest cowboys", uno di quei titoli che non te l'aspetteresti mai. Provi a ragionarci un attimo e se ci pensi bene capisci subito che non potevano che essere gli Estra a partorire un titolo del genere per confezionare 13 episodi (al solito) energici, ricchi di pathos e che si distinguono dalla musica standardizzata che quotidianamente i media ci costringono ad ascoltare.

L'apertura è affidata a "Signor Jones", splendido episodio in chiave acustica dove la band decide di usare una sezione d'archi, cosa che avverrà anche in altri momenti del disco. La successiva traccia, quella che dà il titolo all'album, ha un sound eccezionale: gli strumenti viaggiano via lisci, in bilico tra rumore e melodia, mentre Estremo e Vinicio Capossela danno voce alle contraddizioni del nord-est ("Non puoi dir di no/ Abbiamo faticato/ Siamo pochi e giusti/ E con la testa a posto/ Sindaco sindaco sindaco ci devi tutelare").

Anche "Drugo", che ha un inizio claustrofobico e poi esplode in un delirio di voce e strumenti, denuncia una situazione tipica dei giorni nostri: la 'messa in vendita' della nostra anima, quasi inconsapevole ("Con tutto quello che non sai/ Cioè quello che non ci diranno mai/ Drugo, come è stato fotterti l'anima"). Con "Piombo e carbonio" si conclude il trittico che forse può essere preso ad esempio per individuare non solo la summa sonora dell'opera, ma anche il messaggio principale: quanto è umana la nostra società?

Tutto il resto non varia certo di molto: "Broken down" e "La parte" sono due pallottole impazzite, mentre "Surriscaldando mia madre" è una canzone in cui si denuncia l'inquinamento terrestre e l'(ab)uso di 'madre terra' ("Surriscaldando mia madre/ Lucrando fino a che/ Surriscaldando e sfiancando lei/ Lucrando fino a che/ Lucrando fino a che... muore").

In "Nordest cowboys" manca il 'Niente' di "Alterazioni", al punto che certe precise scelte artistiche (l'uso del piano e degli archi, ma anche l'aggiunta di mix addizionali) evidenziano la necessità del quartetto trevigiano di ridefinire i confini della loro proposta, rimanendo comunque fedeli all'idea originaria del suono che li ha sempre caratterizzati. La scelta poi di chiamare Jim Wilson, un ingegnere del suono americano, a seguirli in studio, è stata voluta proprio per essere sicuri di riuscire a raggiungere quegli obiettivi che la formazione inseguiva fin dagli esordi e che oggi erano finalmente maturi.

Non vi rimane che inserire il cd e ascoltare una dopo l'altra le 13 tracce: quando sarà il momento di "Vieni", la ballad per eccellenza del disco, i brividi cominceranno a percorrere 'up & down' tutto il vostro corpo; sarà quello il momento in cui vi convincerete definitvamente di aver ascoltato un capolavoro.

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La recensione Nordest cowboys di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1999-05-06 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • ictus 14 anni fa Rispondi

    questo è un capolavoro che pochi conoscono ma che rappresenta uno dei punti più alti della musica italiana...